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domenica 11 maggio 2025

Il mio testo teatrale "Muia e i Pitagorici" torna in scena a Torino

Dopo le edizioni del 2016 e del 2018, il mio testo teatrale "Muia e i Pitagorici", tratto da “Il mistero del suono senza numero”, tornerà in scena il 29 maggio a Torino, presso il Dipartimento di Chimica - Università di Torino - Via Giuria, 7 Torino, a cura di Teatro e Scienza.
Descrizione dello spattacolo

"Dal libro “Il mistero del suono senza numero” di Flavio Ubaldini si dipana un racconto che spazia dalla scuola dei Pitagorici fino ai giorni nostri. Ippaso, il più dotato tra i seguaci di Pitagora, ma anche il più ribelle e arrogante, ha un amore segreto: Muia, la figlia di Pitagora. Rispondendo a una domanda di lei, fa una scoperta che lo metterà in pericolo: la non esistenza di una frazione che rappresenti la diagonale del quadrato di lato 1. Solo dopo molti secoli, con la scoperta del “Taglio di Dedekind” si risolverà la questione.

Spettacolo di Flavio Ubaldini, con Maria Rosa Menzio, Margherita Premoli e Laura Riviera; Mimi: Marco Dalponte, Patrizia Genesi, Roberto Mandosso e Susanna Patroncini; Canto: Marco Dalponte e Simonetta Sola; Scenografia Virtuale: Nikolinka Nikolova; Tecnica: Fulvio Cavallucci; Assistente alla regia: Susanna Patroncini; Regia: Maria Rosa Menzio."

Settimane della Scienza 2025

venerdì 23 giugno 2023

Il mistero del suono senza numero - "in superficie è una storia semplice e ricca di mistero, in profondità nasconde l’essenza della matematica"

Daniela Molinari, insegnante di matematica e fisica presso un Liceo Scientifico ha scritto una recensione del Il mistero del suono senza numero

Qui riporto solo un piccolo estratto. Per la recensione completa: amolamatematica/il-mistero-del-suono-senza-numero

Il percorso è davvero interessante: in superficie è una storia semplice e ricca di mistero, ma in profondità nasconde l’essenza della matematica: mette in luce le caratteristiche della scuola pitagorica, il percorso della ricerca matematica dalla nascita di un’idea fino alla sua formalizzazione, ed evidenzia come le domande fondamentali si mostrino a volte come banali, ma possano mettere in crisi anche i saperi più antichi.

Le idee più profonde della matematica e della filosofia pitagorica sono trasmesse al lettore nel corso della storia e, permeando la vicenda, consentono un’assimilazione più efficace dei concetti difficili.

martedì 1 giugno 2021

Il gatto Achille e la tartaruga Hermes (seconda parte)

Propongo la seconda parte del capitolo Il gatto Achille e la tartaruga Hermes, che fa parte del progetto descritto in Zenone, Achille, la tartaruga e… Pitagora

...
«Allora… Significa che il movimento è davvero un’illusione?», chiese Zenone.
«A meno che…», aggiunse Apollonia dopo averci riflettuto. «Il ragionamento sbagliato non sia proprio nella suddivisione dello spazio e del tempo».
«Ma se funziona nell’esperimento mentale perché non dovrebbe funzionare nella realtà?».

Who's gonna win this race - Ellen Miffitt
«Beh…», fece lei. «L’esperimento mentale funziona attraverso una divisione numerica che va avanti illimitatamente. Ora, io ho imparato dai pitagorici che i numeri aiutano a interpretare la realtà. Ma…», continuò la ragazza sempre più immersa nelle sue speculazioni, «c’è anche il precedente che citavo prima. Ippaso scoprì un oggetto a cui non corrisponde nessun numero. Scoprì una corda che non può essere misurata e che quindi emette un suono senza numero». Zenone la fissava ammirato. Nel frattempo avevano raggiunto la scuola e Zenone salutò degli allievi che ciondolavano davanti all’ingresso. Alcuni di loro guardarono la coppia con una certa curiosità. «Questo ci insegna che», riprese Apollonia ignorandoli, «sebbene i numeri siano un ottimo strumento per indagare la realtà, esistono aspetti di questa a cui non corrispondono numeri e, similmente, potrebbero esistere fenomeni immaginabili attraverso i numeri ma senza riscontro nel mondo reale».

«Vorresti dire che…».
«…che forse non si può andare avanti illimitatamente nella frammentazione dello spazio e del tempo. Se lo si può immaginare attraverso i numeri deve essere necessariamente vero anche nella realtà?».
«Uhm…», fece Zenone. «Quindi potrebbe esserci un limite? Un’unità elementare di spazio e un’unità elementare di tempo che non sarebbero divisibili ulteriormente?».
«Potrebbe essere così. Oppure una tale unità indivisibile potrebbe esistere solo per lo spazio o solo per il tempo».
«Hai un’intelligenza insuperabile!», fece Zenone col fiato corto mentre attraversavano uno spazio angusto tra due edifici. «No, mi correggo. La tua intelligenza è superata solo dalla tua bellezza».
«Smettila!», ridacchiò lei. «Non sono bella!».
«Lo sei!», protestò lui prendendola per mano. «E l’intelligenza ti rende ancora più bella», continuò avvicinandola a sé.

I due giovani si fissarono intensamente per alcuni istanti. Poi i volti cominciarono a cedere alla forza di attrazione reciproca. E il bacio li proiettò di nuovo in quel meraviglioso mondo parallelo in cui esistevano solo loro.

martedì 10 novembre 2020

Il gatto Achille e la tartaruga Hermes

Propongo un frammento del progetto descritto in Zenone, Achille, la tartaruga e… Pitagora 

Zenone tornò a rimuginare sulla gara di corsa tra gatto e tartaruga, che gli era stata suggerita per indagare la natura illusoria di spazio e tempo. Era giunto alla conclusione che, per risolvere quel dilemma, avrebbe dovuto usare l’occhio della ragione immaginando un esperimento mentale. Raziocinando intorno a quella corsa immaginaria sarebbe dovuto andare alla ricerca di possibili contraddizioni. Decise di parlarne con Apollonia una mattina in cui si erano ritrovati nell’acropoli. Le presentò le premesse come una sua idea guardandosi bene dal citare i suggerimenti ricevuti.

Who's gonna win this race - Ellen Miffitt
«Mi è venuta in mente per poter indagare la vera natura dello spazio e del tempo cercando di minimizzare l’illusorietà dei nostri sensi. Non con l’occhio che non vede né con l’orecchio che rimbomba ma con la ragione giudica la prova!», disse Zenone un po’ tronfio mentre attraversavano la spianata dell’acropoli. I nuovi edifici erano stati completati da poco. Tra tutti spiccavano il teatro e il tempio di Atena Poliade, che era ben visibile anche ai naviganti che veleggiavano in prossimità del promontorio di Elea. Una massa di Eleati si muoveva e si assembrava, in modo abbastanza imprevedibile, tra quelle nuove costruzioni. E ad Apollonia non sfuggivano gli sguardi indirizzati a loro, alla coppia sgradita. Alcuni lo facevano con maliziosa discrezione, parlottando poi alle loro spalle. Pochi altri con atteggiamento ostentatamente aggressivo, come a volerli sfidare. Ma, c’era anche chi sembrava guardarli con benevolenza e ammirazione. Loro avevano deciso di ignorare il più possibile quelle manifestazioni indiscrete.

«Vuoi dire che non dobbiamo credere ai nostri sensi?», obiettò Apollonia. «È attraverso l’occhio e l’orecchio che i pitagorici hanno scoperto la connessione tra matematica, musica e fenomeni naturali».

Zenone le propose la spiegazione che aveva appreso da Parmenide e che lui stesso aveva già ripetuto più volte ai giovani allievi. Era vero che i pitagorici si erano affidati a una percezione acustica che, in quanto percezione, può allontanare dal sentiero della verità. Ma anche le apparenze possono essere plausibili, a patto che non contraddicano la ragione generando assurdità. E, in quel caso, i pitagorici non la contraddissero.

Dopo aver girovagato un po’ per l’acropoli avevano deciso di dirigersi verso il limite occidentale della spianata. Apollonia lo ascoltava mentre il suo sguardo svolazzava incantato tra le meraviglie di quel paesaggio che la lunga assenza aveva punteggiato di emozioni nuove. Un’ammirazione nostalgica che sconfinava a tratti nello struggimento mistico. Ma lo stato d’animo durava fino al momento in cui si imbatteva in un nuovo atteggiamento ostile. Decisero di abbandonare l’acropoli.

«È solo attraverso i sensi che possiamo esplorare i fenomeni naturali», ammise poi il giovane mentre discendevano il lato occidentale del promontorio. «Tuttavia, le percezioni sensoriali possono allontanare dal sentiero della verità. È per questo che dobbiamo sempre sottoporle al vaglio della ragione per verificare che non generino contraddizioni».

«Sembra un punto di vista interessante», concesse Apollonia che continuava ad ammirare le distese marine.

«Dunque, sono partito dall’ipotesi che quel gattaccio di Achille sia cento volte più veloce della mia Hermes».

«Mi pare realistico», disse lei. «Ma perché hai scelto proprio il gatto di Cleudoro per questo esempio?», chiese poi arricciando il naso.

«Ehm, non lo so. Forse sono stato influenzato dai ricordi d’infanzia», disse frettolosamente Zenone. «Ma tornando alla corsa, nel momento in cui Achille avrà percorso lo stadio di vantaggio concesso alla tartaruga, la mia Hermes avrà percorso un centesimo di stadio e avrà ancora un piccolo vantaggio. Però… Mi pare che non ci sia storia. Hermes potrà rimanere in vantaggio ancora per qualche istante ma, prima o poi, Achille la supererà».

«Uhm», fece Apollonia muovendo lo sguardo tra le frasche degli olivi come se seguisse quella corsa immaginaria. «Non ne sarei così sicura».

«Che vuoi dire!?», protestò Zenone.

«Beh, quando Achille avrà percorso quell’ulteriore centesimo di stadio che lo separa da Hermes, la tartaruga ne avrà percorso un centesimo di centesimo. E sarà ancora in vantaggio».

«Sì ma prima o poi…».

«Prima o poi, che?», lo interruppe Apollonia. «Un discorso simile può essere ripetuto illimitatamente andando avanti con i centesimi di centesimi di centesimi di centesimi… Ed Hermes avrà sempre un vantaggio che, per quanto piccolo, non sarà mai nullo».

«Per Zeus!», esclamò Zenone. «Ma… Come hai fatto a farti venire in mente un’idea così brillante?».

«Non so…», si schermì Apollonia. «Forse… Sono stata influenzata dal ragionamento usato in una dimostrazione che si insegna nella scuola pitagorica. Quella dell’impossibilità di esprimere la diagonale del quadrato di lato uno come rapporto tra due numeri». Zenone ebbe un sussulto. «Anche lì compare la ripetizione illimitata di un’operazione e quel processo genera una conclusione assurda», proseguì la ragazza. «E se la conclusione è assurda allora l’ipotesi di partenza deve essere falsa. Inizialmente quella dimostrazione veniva nascosta. Pensa che il pitagorico Ippaso venne punito per averla divulgata!».

Al suono di quel nome il sussulto si trasformò in vertigine. «Ma… in questo caso…», riuscì ad articolare Zenone dopo essersi ripreso, «quale sarebbe l’ipotesi di partenza sbagliata?».

«Mah, non mi pare ci sia un’ipotesi sbagliata. Il ragionamento sembra corretto».

«Allora… Significa che il movimento è davvero un’illusione?»

mercoledì 3 giugno 2020

Zenone, Achille, la tartaruga e… Pitagora

“Pitagora fu nel corpo di Zenone di Elea e sotto quelle spoglie investigò il problema della quantità di nu­meri compresi tra due numeri dati. Una strada che lo con­dusse all’elaborazione di quattro paradossi e all’intuizione che la geometria e non il Numero governasse il mondo.”

Così si chiudeva “Il mistero del suono senza numero”. E così si apre il suo seguito a cui ho cominciato a lavorare e che spero veda la luce nel 2021.
La lievissima brezza del Tirreno riusciva appena a stemperare l’arsura dell’aria. Viste da quel tratto, a mezzacosta del promontorio, le due isolette Enotridi di Pontia e Isacia sembravano due strane creature marine pietrificate dal vigore della vampa. I caseggiati di Elea apparivano deserti: sia quello in basso vicino al litorale, sia quelli più in alto. Anche i lavori di edificazione dell’acropoli erano fermi. In quella stagione nessuno avrebbe voluto sfidare la potenza dell’astro nelle ore centrali del cammino celeste del carro di Elio… O quasi nessuno.
«Vai, Hermes! Vai!»
«Forza, Eracle! Puoi ancora recuperare!»

Le urla d’incitazione erano rivolte a una decina tartarughe impegnate in una gara di corsa. Un branco di ragazzini le circondava. Tutti grondavano sudore. Molti saltavano e sbraitavano. E qualcuno si manteneva in silenzio, esprimendo il coinvolgimento attraverso il movimento delle braccia o la contrazione di pugni e mascelle.

«Nooo, è di nuovo Hermes», piagnucolò Pitodoro saltellando. «Di nuovo Hermes! È di nuovo lui a vincere», continuò con un tono carico d’insofferenza che strideva con l’espressione gioiosa e sorridente del volto. Era il suo modo di rallegrarsi per la nuova vittoria della tartaruga del suo amico Zenone nella gara di corsa. Hermes era un fulmine! Quando riusciva a partire in vantaggio era irraggiungibile. Avrebbe potuto battere anche un ga…

«Attenzione! Achille in vista!», urlò improvvisamente un altro ragazzino da un dosso al limite dell’ombra della grande quercia che sovrastava la pista per le gare. Molti corsero immediatamente verso la pista. Ma nessuno ebbe il tempo di recuperare la propria tartaruga. Achille, per niente a disagio sotto il sole rovente, avanzò tra le stoppie come una furia; un istante prima che Hermes tagliasse il traguardo, irruppe nella pista e si mise a menar zampate, e a dispensare morsi e graffi ai carapaci nei quali le tartarughe si erano istantaneamente ritratte.

Al seguito di Achille comparve un ragazzino dalla corporatura massiccia che indossava un elmo e brandiva una spada: entrambi di legno. Come tutti gli altri indossava un leggerissimo chitoniskos, ma se lo era fatto disporre in modo che ricordasse la linothorax, l’armatura che i guerrieri achei indossavano nella guerra di Troia. Una linothorax piuttosto umidiccia. Le braccia e le gambe scoperte mostravano sbucciature nella parte inferiore degli avambracci e sulle ginocchia. «Salve, femminucce! Avete occupato di nuovo la nostra pista con quegli stupidi animali», sbraitò con fare aggressivo e tono di voce forzatamente rauco mentre dimenava la spada verso gli altri e con l’altra mano recuperava il suo gatto. Tutti tacquero pietrificati. Cleudoro era più grande di loro e molto prepotente. Nessuno si sarebbe azzardato ad affrontarlo. «Vieni, Achille. Non sporcarti le zampe con quegli… animali di terra. Noi abbiamo ascendenze celesti. Discendiamo da Ailuros, la dea Bastet dei sapienti Egizi», declamò con sguardo ispirato ripetendo probabilmente una frase ascoltata da qualche adulto. Poi mosse dei passi verso Zenone, che nel frattempo aveva recuperato la sua Hermès, e gli puntò la spada contro. «E so che tu», riprese inasprendo il tono della voce, «sei il capo di questa banda di mezze calzette.»

«Io non sono il capo di nessuno, Cleudoro. E questa non è solo la vostra pista», rispose Zenone con tono deciso. Non sembrava intimorito. Un soffio di vento caldo gli attraversò i capelli neri e andò a smuovere anche la zazzera castana di Cleudoro.
«Non chiamarmi Cleudoro! Non vedi che indosso il sacro elmo di Achille?!» strepitò il giovane mascherato avvicinando il volto a quello di Zenone.

L’afrore dell’alito rese Cleudoro ancora più repellente. Zenone non resistette all’impulso e gli sferrò uno spintone che lo fece capitombolare all'indietro. Cleudoro piombò di schiena su una zona del prato dai ciuffi d’erba molto radi. Il suo elmo rotolò di lato e terminò la sua corsa su un mucchietto di pietrisco. La spada andò, invece, a urtare una pietra sporgente.
Cleudoro si rialzò con il volto deformato da una smorfia di incredulo stupore. Due nuove sbucciature gli erano comparse sui gomiti. Recuperò la spada e si accorse che la lama si era scheggiata. E l’elmo presentava dei graffi. Lo stupore si trasformò in collera. Gli altri ragazzini assistevano alla scena pietrificati. Il silenzio era rotto solo dal frenetico frinire delle cicale.

«Zenone maledetto!», sbraitò Cleudoro. «Ti ammazzo!»
Ma prima che riuscisse a lanciarglisi addosso, la piccola Nika si frappose tra i due. Cleudoro le incespicò addosso sbilanciandosi in avanti. Per non finire di nuovo a terra fece scattare le braccia e, toccando il terreno con i palmi delle mani, cercò di spingersi in alto. Ci riuscì ma al costo di due nuove ferite.

«Vi ammazzo tuttiii!», urlò.
Era furioso. Ma successe qualcosa di ancor più inatteso. Apollonia, la ragazzina dai capelli rossi, prese il posto di Nika, che era rimasta a terra con il viso rigato di lacrime, e immediatamente altri ragazzini si munirono di pietre e le balzarono al fianco creando un muro davanti a Zenone.
Cleudoro sbarrò gli occhi, incredulo. Come un lupo che assista a una ribellione delle pecore. Serrò i pugni sui palmi sanguinanti. Gli occhi rossi. Il volto rosso, rabbioso e dolorante. Poi il furore sembrò attenuarsi. La tensione parve dissolversi. Forse aveva capito che non gli conveniva combattere.

«Zenoneee. Niiikaaaa», risuonò una voce in lontananza.
«Che c’è, mamma!», rispose Zenone infastidito mentre Filista si avvicinava risalendo la mezzacosta.
«Perché hai fatto venire qui tua sorella!?», strillò lei continuando ad avvicinarsi. «Oh, divina Hera. È caduta! Perché è lì a terra?! E sta piangendo!», proseguì dimenandosi.
«Non l’ho fatta venire io! È stata lei a seguirmi», protestò Zenone.
«Ma tu avresti dovuto impedirglielo!»
«Zenoncino, ascolta la mamma», fece Cleudoro. La collera sembrava essere svanita e aver fatto posto a un atteggiamento di scherno. «Prendi la sorellina e tornatene a casa». Poi un lampo di rabbia tornò ad attraversargli il volto. «Femminucce! Ecco chi siete!», sibilò posando gli occhi su Apollonia.

«E tu sei un vigliacco!» replicò lei, sostenendone lo sguardo. «Fai il lupo con noi e l’agnellino con i più grandi».
«Ma da quando maschi e femmine giocano insieme? Voi avete le vostre bambole di pezza, le vostre pentoline», disse Cleudoro sprezzante.
«Smettila di fare il prepotente, Cleudoro!», intervenne Pitodoro.

Nel frattempo la madre di Zenone aveva raggiunto l’ombra della grande quercia.
«E poi non voglio che frequenti ragazzi… più grandi di te», disse Filista guardando Cleudoro con sguardo torvo.
«Che cos’ha mio figlio che non va?», chiese con impeto la madre di Cleudoro, che nel frattempo era scesa dal quartiere alto e aveva raggiunto il prato della pista senza essere vista.
«Nessuno si è rivolto a vostro figlio», ribatté Filista voltandosi.
«E io invece penso che stavate parlando proprio di lui!», incalzò l’altra.
«Ma siete voi a pensare che tutti ce l’abbiano con la vostra famiglia. E comunque non è un mistero che vostro figlio sia un prepotente e un maleducato».

«Ma che maleducato e maleducato!», gridò la donna. «E poi mi pare che ci abbia rimesso lui», aggiunse guardando le nuove sbucciature del figlio. «La verità è che voi siete invidiosi perché abbiamo fatto fortuna commerciando con l’Egitto!».
«Noi non abbiamo mai invidiato le fortune altrui. Le vere ricchezze, per noi, sono altre».
«Eh, sì. Loro sono superiori! Sono intelligenti, istruiti. Non si abbassano a desiderare ciò che tutti desiderano».
«Zenone, Nika, andiamo!», ordinò Filista ignorando le provocazioni. Poi si allontanò scendendo verso il quartiere costiero preceduta dai figli, mentre l’altra continuava a sbraitarle dietro.
«Non è finita qui… Gliela farò pagare», sibilò Cleudoro fissando Zenone che si allontanava.

mercoledì 1 maggio 2019

La medaglia Fields e i numeri p-adici - seconda parte

– Allora, dicevamo che … non mi ricordo più…
– E certo! Dopo così tanto tempo! Avevamo concluso con la mia domanda. "Non è un po’ strana questa norma? Conta solo il fatto che il primo p fissato compaia o meno nella fattorizzazione del numero, e più l’esponente con cui p compare è grande più la norma è piccola. E comunque, abbiamo parlato di norma ma non mi hai ancora mostrato un esempio di numero p-adico."

– Ah, ecco. Allora, partiamo dagli interi p-adici e diciamo che una volta scelto un certo numero primo p preciso, un intero p-adico α è definito da una sequenza illimitata di interi xk per k > 0
α = {xk}k=1 = {x1, x2, x3, . . . },
Tali che xk+1 ≡ xk (mod pk) per ogni k > 0,    (1)
E due sequenze {xk} e {yk} determinano lo stesso intero p-adico se e solo se
xk ≡ yk (mod pk) per ogni k > 0    (2)
L’insieme degli interi p-adici viene indicato con Zp.
– Aspetta. Il segno ≡ è la congruenza, giusto?

– Sì. È definita come a ≡ b (mod n) se a − b è divisibile per n.

– Quindi dalla (2) deduco che esistono infinite sequenze che rappresentano lo stesso intero p-adico, giusto?

– Sì, giusto. Però possiamo pure introdurre una definizione che, sfruttando le relazioni di equivalenza, renda la definizione univoca. Cioè, definiamo l'intero p-adico ridotto come la rappresentazione che soddisfi la
0 xk < pk for all k 1   (3)

– Scusa, solo con delle definizioni del genere però non riesco ad afferare il senso di un numero p-adico. Mi servirebbero degli esempi.

– Certo. Gli esempi più semplici sono gli interi rappresentati in Zp. Possiamo decidere di rappresentare gli interi Z attraverso delle sequenze costanti. Cioè, dato z Z, rappresentiamo z in Zp come {z, z, z, . . . }.

– Ah, immergiamo Z in Zp attraverso un'applicazione iniettiva!

– Giusto! Z può essere visto come un sottoinsieme di Zp e possiamo chiamare interi razionali gli elementi di Z per distinguerli dagli interi p-adici.

– Quindi se prendo ad esempio p = 3 posso scrivere 40 in Z3 come {40, 40, 40, 40, 40, . . . }... E... applicando la (3) avrei 40 = {1, 4, 13, 40, 40, . . . }?

– Corretto! Hai trovato un esempio da sola!

– Ma se scelgo un numero p che non è primo che succede? Ad esempio con p = 10 avremmo la base decimale a cui siamo più abituati.

– Sì, si può fare. Però perdiamo delle proprietà. Ad esmpio avremmo degli inversi moltiplicativi di zero. E questo è un risultato indesiderato. Ma... Purtroppo adesso devo andare.

– Va bene. Diciamo che questi numeri p-adici hanno cominciato anche a stancarmi un po'.

– Dai, chiudiamo qui e ti lascio dei riferimenti a del materiale che si può trovare in rete.

Introduction to number theory - 5. p-adic Numbers
mathworld.wolfram p-adic Number
en.wikipedia.org P-adic_number
quora: What are p-adic integers, how do they work and what problems can we solve using them
en.wikipedia.org P-adic_analysis

mercoledì 6 marzo 2019

Il mistero del suono senza numero - matematica e musica a Esperienza inSegna 2019

Il 21 e il 22 febbraio ho parlato di "Matematica e musica" a Palermo e, come lo scorso anno al premio-UMI Archimede, sono rimasto molto soddisfatto.
Giovedì 21 ho avuto un pubblico di più di cinquanta tra docenti e studenti del dipartimento di matematica e informatica.
Alla fine ho ricevuto una grande quantità di domande interessanti. In particolare ne ricordo una, sul canto gregoriano e le "modulazioni", correlata a una mia affermazione sulla maggiore difficoltà nell'uso dell'intonazione pitagorica dopo l'avvento delle tonalità, delle modulazioni e della musica strumentale.
Ho anche ricevuto una proposta da parte di un'insegnante di scuola superiore per una collaborazione in ambito teatrale.


Venerdì 22 è stata la volta di Esperienza inSegna 2019 con la "conferenza-spettacolo"Matematica e Musica, un percorso tra Pitagora e Bach.
Il pubblico era di circa 180 persone tra studenti e docenti di scuole superiori, tra cui un liceo musicale.
Ci sono stati applausi a scena aperta rivolti soprattutto agli studenti che rispondevano alle mie domande.

Qui troverete un video con le foto della giornata. Le mie si trovano intorno al minuto 3:35.






Personalmente sono rimasto molto soddisfatto di tutto: della fruttuosa collaborazione pitagorica con il chitarrista/geofisico Daniele Crisci e con la professoressa Elena Toscano, della curatissima organizzazione della manifestazione e del grosso coinvolgimento da parte di studenti e insegnanti.


E poi vedere i volti di qui ragazzi, ammirati di fronte alle acrobazie geometrico musicali di Bach, è stata un’esperienza impagabile.


giovedì 14 febbraio 2019

Il mistero del suono senza numero - mematica e musica a Esperienza inSegna 2019

Se la settimana prossima vi troverete a Palermo venitemi a trovare. Parlerò di "Matematica e Musica, un percorso tra Pitagora e Bach".

Giovedì 21
16.30 -17.30 | al dipartimento di matematica

Venerdì 22 
9.30 -10.30 | conferenza-spettacolo a Esperienza inSegna 2019






lunedì 19 novembre 2018

"I Pitagorici" in scena al Dipartimento di Matematica "Giuseppe Peano" di Torino

Dopo due anni "I Pitagorici", tratto da “Il mistero del suono senza numero“, torna in scena a Torino.

Spettacolo "I PITAGORICI" di Flavio Ubaldini
Torino - PALAZZO CAMPANA Via Carlo Alberto 10
Dipartimento di Matematica "Giuseppe Peano" - AULA MAGNA
Martedì 20 novembre 2018 ore 17.00
La storia di Pitagora e Ippaso: i problemi di quest’ultimo con gli altri discepoli della scuola, la scoperta della non esistenza di una frazione che rappresenti la diagonale di un quadrato di lato 1, l’amore per Muia, l’espulsione dalla scuola, l’ira degli Dei contro Pitagora e la loro condanna, fino a Richard Dedekind e alla scoperta del “taglio” con cui si risolve la questione.

INGRESSO GRATUITO
(fino ad esaurimento posti)

prenotazioni --> eventi@teatroescienza.it

lunedì 1 ottobre 2018

La medaglia Fields e i numeri p-adici - prima parte

– Ma allora questo Peter Scholze avrebbe vinto la Medaglia Fields per ricerche nell'ambito dei numeri p-adici?

– Ma come? Tutti parlano dell'italiano Alessio Figalli vincitore della medaglia Fields per i contributi alla teoria del trasporto ottimale e alle sue applicazioni alle equazioni alle derivate parziali e tu ti interessi al campo di ricerca del vincitore tedesco? Sei un po' al di fuori dello spirito del tempo. Non sai che questo è il momento di "prima gli italiani"?!

– Scusa, ma hai visto il mio colore? Pensi che certi slogan possano far presa su di me?

– Beh... effettivamente...

– E poi... quel tipo di matematica, equazioni alle derivate parziali e cose simili, non mi ha mai appassionata molto. È troppo complicata per me.

– Ah! E invece pensi che i numeri p-adici siano semplici?

– Boh… forse no però, da quel poco che ho sentito, una delle conseguenze dell'introduzione di quei inumeri mi ha ricordato la nostra discussione su Dedekind, il suo taglio e la soluzione del problema di Ippaso.

– Sì, è vero. Sono temi correlati. Con quella tecnica Dedekind definì i numeri irrazionali, come la radice quadrata di 2, a partire dai numeri interi. Detto in altre parole estese l'aritmetica dei numeri razionali (interi e frazioni) ai numeri irrazionali creando così il campo dei numeri reali.

– Sì, mi ricordo.

– E con i numeri p-adici, sebbene essi siano nati inizialmente per applicazioni nell'ambito della teoria dei numeri, si può fare una cosa simile a quella che fece Dedekind. Cioè, si possono estendere i numeri razionali a quelli reali in un modo diverso rispetto a quello di Dedekind. Ma che risulta anche un po' più complicato.

– Ancora più complicato di quel metodo?!

– Eh, sì. Credo che sia molto meno intuitivo. Sostanzialmente, l'estensione è ottenuta attraverso un'interpretazione alternativa del concetto di distanza.

– E cioè? Come viene definita questa distanza?

– Allora, dato un numero p fissato, si possono costruire i numeri p-adici ottenuti a partire da quel numero p. La vicinanza tra due di questi numeri p-adici, chiamiamoli a e b, si misura attraverso la divisibilità della loro differenza, a - b,  per una potenza pn. Più il pn che la divide è grande, più i due numeri sono vicini.
Questa proprietà consente ai numeri p-adici di codificare informazioni che generano potenti applicazioni nella teoria dei numeri, inclusa, ad esempio, anche la famosa dimostrazione dell'ultimo teorema di Fermat di Andrew Wiles.
Inoltre, con l'estensione ai numeri reali di cui parlavamo, si riesce anche a estendere la tradizionale analisi matematica a un'analisi p-adica che, in certi ambiti, fornisce una forma alternativa all'analisi matematica tradizionale.

– Interessante. Non credo di aver capito bene il discorso della distanza, però.

– Allora, cerchiamo di definirla in modo un po’ più intuitivo.

– Quando parliamo di un solo numero la distanza coincide con la misura del numero, giusto?

– In qualche modo sì. In quel caso la distanza viene chiamata anche “norma”. Sui numeri reali tradizionali corrisponde al numero stesso privato del segno. Ad esempio, la norma di 2, indicata con |2|, è 2 così come la norma di -2:
|-2|=2

– E sui p-adici?

– Nel caso dei p-adici la cosa è leggermente più complessa. Dobbiamo partire dal fatto che ogni numero razionale q diverso da zero può essere scritto come

 q=pa·r/s     (1)

dove p è un numero primo fissato, r ed s due interi non divisibili per p, e a è l’unico intero che soddisfi la (1). E quindi definiamo la norma p-adica di q come

|q|p=pa

– Scusa, ma la (1) è una conseguenza del Teorema fondamentale dell’aritmetica, vero?

– Sì, certo. Del fatto che Ogni numero naturale maggiore di 1 si può esprimere come prodotto di numeri primi. È più chiaro adesso?

– Un pochino. Però vorrei vedere qualche esempio.

– Allora, prendiamo una frazione non semplicissima: q = 140/297. Se la fattorizziamo in numeri primi avremo che:

140 = 22·5·7
297 = 33·11

E dunque,

140/297 = 22·3-3·5·7·11-1

– Ah, ho capito! A seconda del numero primo che sceglierò come base p-adica avrò una norma diversa?

– Certo! In questo caso, a seconda della scelta di p = 2, 3, 5, 7 o 11, come norma 2-adica, 3-adica, 5-adica, 7-adica o 11-adica avremo:

|140/297|2 = 2-2 = 1/4
|140/297|3 = 33 = 27
|140/297|5 = 5-1 = 1/5
|140/297|7 = 7-1 = 1/7
|140/297|11 = 11

Ed ecco degli altri esempi di norme 2-adiche e 3-adiche:

p = 2

1 = 20 =>                |1|2 = 2-0 = 1

2 = 21 =>                |2|2 = 2-1 = ½
1/2 = 2-1 =>            |1/2|2 = 21 = 2
3 = 20·31 =>           |3|2 = 2-0 = 1
1/3 = 2-0·3-1 =>       |1/3|2 = 20 = 1
4 = 22 =>                |4|2 = 2-2 = ¼
1/4 = 2-2 =>            |1/4|2 = 22 = 4
5 = 20·5 =>             |5|2 = 2-0 = 1
1/5 = 2-0·5-1 =>       |5|2 = 20 = 1
6 = 21·3 =>             |6|2 = 2-1 = ½
1/6 = 2-1·3-1 =>       |6|2 = 21 = 2
7 = 20·7 =>             |7|2 = 2-0 = 1

8 = 23 =>                |8|2 = 2-3  = 1/8
2/3 = 21·3-1 =>       |2/3|2 = 2-1 = 1/2
9 = 20·32 =>           |9|2 = 2-0 = 1

10 = 21·5 =>           |10|2 = 2-1 = ½
2/3 = 21·3-1 =>       |2/3|3 = 31 = 3
11 = 20·11 =>         |11|2 = 2-0 = 1
 1/8 = 2-3 =>           |1/8|2 = 23 = 8
12 = 22·3 =>           |12|2 = 2-2 = 1/4
1/16 = 2-4 =>              |16|2 = 24 = 16
13 = 20·13 =>         |13|2 = 2-0 = 1
16 = 24 =>              |16|2 = 2-4 = 1/16


p=3
1 = 30 => |1|3 = 3-0 = 1
2 = 2·30 => |2|3 = 3-0 = 1
3 = 31 => |3|3 = 3-1 = 1/3
4 = 22·30 => |4|3 = 3-0 = 1
5 = 30·5 => |5|3 = 3-0 = 1
6 = 2·31 => |6|3 = 3-1 = 1/3
7 = 30·7 => |7|3 = 3-0 = 1
8 = 23·30 => |8|3 = 3-0 = 1
9 = 32 => |9|3 = 3-2 = 1/9
10 = 2·30·5 => |10|3 = 3-0 = 1
11 = 30·11 => |11|3 = 3-0 = 1
12 = 22·31 => |12|3 = 3-1 = 1/3
13 = 30·13 => |13|3 = 3-0 = 1
14 = 2·30·7 => |14|3 = 3-0 = 1
15 = 31·5 => |15|3 = 3-1 = 1/3
16 = 24·30 => |16|3 = 3-0 = 1
17 = 30·17 => |17|3 = 3-0 = 1
18 = 21·32 => |18|3 = 3-2 = 1/9


– Beh, adesso capisco meglio. Però…

– Che cosa?

– Non è un po’ strana questa norma? Conta solo il fatto che il primo p fissato compaia o meno nella fattorizzazione del numero, e più l’esponente con cui p compare è grande più la norma è piccola. E poi, abbiamo parlato di norma ma non mi hai ancora mostrato un esempio di numero p-adico.

– Te ne mostrerò più di uno, ma non oggi.

...continua...

lunedì 13 agosto 2018

Intervista su musica e numeri a "L'ultima spiaggia" di Radio 1

Lunedì 13 Mario Pezzolla mi ha intervistato per pochi minuti durante la trasmissione "L'ultima spiaggia" di Radio 1.
Il tema è stato i rapporti tra musica e matematica.
La puntata si può riascoltare dal sito di Rai Play Radio. Il mio intervento inizia intorno al minuto 15.

sabato 11 agosto 2018

Lunedì alle 13:40 a l'ultima spiaggia

Lunedì 13 intorno alle 13:40 dovrei partecipare alla trasmissione "L'ultima spiaggia" di Radio 1 per una breve chiacchierata con Mario Pezzolla su musica e numeri.

venerdì 10 agosto 2018

Il mio dramma "I Pitagorici" di nuovo in scena a Torino

A novembre il mio dramma "I Pitagorici" tratto da “Il mistero del suono senza numero” sarà di nuovo in scena. Stavolta presso il Palazzo Campana, sede del Dipartimento di Matematica "Giuseppe Peano" dell'Università di Torino. Come nella messa in scena del 2016 danza e scenografia virtuale arricchiranno la recitazione di Maria Rosa Menzio e Simonetta Sola.

20 novembre 2018 h 17 – Torino, Palazzo Campana: “I PITAGORICI”



Dal libro “Il mistero del suono senza numero” di Flavio Ubaldini si dipana un racconto che spazia dalla scuola dei Pitagorici fino ai giorni nostri. Ippaso, un giovane atletico e brillante, il più dotato tra gli allievi della scuola di Pitagora, ma anche il più ribelle e arrogante, ha un amore segreto: Muia, la figlia di Pitagora. Rispondendo a una domanda di lei, fa una scoperta che lo metterà in pericolo, tanto che dovranno passare molti secoli per interpretare quella scoperta. Ma qual è il segreto che i Pitagorici vogliono preservare a tutti i costi? E’ un segreto che potrebbe fornire la chiave per l’interpretazione e il controllo dell’Universo. Ma Ippaso si accorge che c’è qualcosa che non va. C’è un numero che manca. C’è un suono di troppo. E qualcuno trama nelle tenebre per impedire il crollo della dottrina pitagorica. Dal giorno in cui Ippaso viene accolto nella scuola, ai problemi con gli altri discepoli (Milone e Filolao), alla scoperta della non esistenza di una frazione che rappresenti la diagonale di un quadrato di lato 1, all’amore per Muia, poi l’espulsione, l’ira degli Dei contro Pitagora e la condanna alle varie reincarnazioni, si arriva fino a Richard Dedekind e alla scoperta del “Taglio” con cui si risolve la questione (nel 2016 ricorre il centenario della morte di Dedekind).

SEMINARIO a cura di LIVIA GIACARDI

mercoledì 27 giugno 2018

Matematica e musica al premio-UMI Archimede: Matematica è Cultura

Il 23 giugno ho parlato di "Matematica e musica" nella Sala delle Lapidi del Palazzo delle Aquile, il municipio di Palermo, nell'ambito del premio-UMI Archimede: Matematica è Cultura.


È stata un'esperienza molto positiva e ho ricevuto commenti assai incoraggianti. Inclusi un paio di probabili inviti per eventi futuri.

Ringrazio molto la professoressa Elena Toscano per lo straordinario supporto, il suo allievo Pietro Figlia per la collaborazione musicale e la professoressa Cinzia Cerroni per avermi invitato.


Ho avuto anche l’opportunità di assistere alla premiazione e alle presentazioni dei ragazzi.
Tutti molto bravi. Ma alcuni avevano doti dialettiche davvero eccezionali.
Alla fine ho anche avuto una piacevole conversazione con il sindaco, Leoluca Orlando, a cui qualcuno aveva detto che abito a Heidelberg e che quindi è voluto venire a intrattenersi con me sui begli anni dei suoi studi nella mia città di adozione.

50

Ho trovato inoltre molto interessanti le relazioni di Carlo Toffalori su Matematica e letteratura e quella di Valeria Patera su Scienza e teatro.
Lascio infine un po' di bellezze palermitane con l'auspicio di tornare a vederle presto.
La prima foto l'ho scattata da una finestra del Palazzo delle Aquile.







Qui i racconti delle mie altre presentazioni di Crotone, Arce, Heidelberg, Scandriglia, BariFrancoforte e Roma.

venerdì 25 maggio 2018

Presentazione de "Il mistero del suono senza numero" nella libreria Assaggi di Roma

Dopo Crotone, Arce, HeidelbergScandriglia, Bari e Francoforte, non poteva mancare Roma.

Sono rimasto molto soddisfatto del risultato e mi sono divertito. Sono rimasto molto soddisfatto del risultato e mi sono divertito. I contributi di Roberta Fulci, Tommaso Castellani e Paolo M. Albani sono stati determinanti. E le domande e i commenti di un ex professore di filosofia mi hanno rallegrato particolarmente.