mercoledì 24 novembre 2010

Il rinascimento: Pacioli, i matematici tedeschi, gli irrazionali e le nuove notazioni (+, -, √, x0 = 1) - Numeri e Geometria attraverso la storia - Parte 22

Nella puntata precedente ho parlato della fine del medioevo e dell'inizio del rinascimento introducendo figure importanti come il cardinale Bessarione e il Regiomontano. Tra le opere del Regiomontano ho parlato del De Triangulis Omnimodus (completata nel 1464 ma stampata nel 1533) che segnò la rinascita della trigonometria e fece assurgere l'Europa occidentale ad una posizione di preminenza in questo campo.

Tuttavia non è lo sviluppo della trigonometria a caratterizzare principalmente la matematica rinascimentale. Il titolo di regina della matematica del tempo spetta sicuramente all'algebra. Questo aspetto diversifica leggermente lo sviluppo rinascimentale della matematica rispetto a quello delle altre scienze ed arti di quel periodo. Se infatti a stimolare il movimento rinascimentale fu per buona parte la riscoperta di opere del mondo greco antico, nel caso specifico della matematica questa riscoperta giocò sì un ruolo importante, ma un ruolo altrettanto importante fu assunto dalla continuazione e dallo sviluppo della tradizione medievale. Tale differenza traspare proprio attraverso il suddetto ruolo dell'algebra. Questa disciplina fu infatti sviluppata soprattutto nel medioevo: prima tra gli arabi e poi tra i cristiani. Lo stesso Regiomontano, ridimensionando l'apoteosi dell'ellenismo, diffusa dagli umanisti del tempo, riconosceva l'importanza dell'algebra medievale araba e latina. 

L'opera più famosa per l'algebra di quel periodo venne pubblicata dal frate Luca Pacioli  (1445, Borgo San Sepolcro – 1514) con il titolo di Summa de arithmetica, geometria, proportioni e proportionalità, scritta in volgare e pubblicata a Venezia nel 1494. La Summa di Luca Pacioli, pur essendo l'opera più influente per l'algebra del tempo, non è in realtà nulla di più di una sintesi di alcune precedenti opere inedite dell'autore di carattere fondamentalmente compilativo. Non fu quindi tanto l'originalità a rendere celebre la Summa quanto piuttosto la sua diffusione ed il suo carattere sinottico. L'opera non si limita in realtà alla sola algebra, ma è una raccolta delle conoscenze dell'epoca relative a quattro campi diversi della matematica: algebra, aritmetica, geometria e metodi aritmetici usati nel commercio. Potrebbe apparire un po' inconsueto che quest'ultimo campo della matematica venga affiancato agli altri tre. Bisogna tuttavia considerare che Luca Pacioli insegnò la matematica presso alcune famiglie di ricchi mercanti veneziani.
La sezione geometrica della Summa è piuttosto elementare mentre quella aritmetica espone principalmente tecniche per il calcolo di moltiplicazioni e radici quadrate. La più corposa parte algebrica riporta i procedimenti per la risoluzione delle equazioni di primo e secondo grado - per quanto riguarda le equazioni di terzo grado Pacioli, così come Omar Khayyám, pensava che non fosse possibile risolverle con metodi algebrici. In questa sezione l'autore fa ampio uso di forme abbreviate tipiche dell'algebra sincopata. La quarta ed ultima parte include informazioni relative alla registrazione a partita doppia e alle monete e misure dei diversi regni, ducati e stati italiani. Questa quarta sezione conobbe un grande successo ed è grazie ad essa che Luca Pacioli è tuttora generalmente considerato il padre della registrazione a partita doppia.

È piuttosto noto che il paese che più contribuì allo sviluppo del Rinascimento fu l'Italia. Anche altre regioni culturali europee fornirono tuttavia consistenti contributi a questo grande movimento artistico e culturale. Nell'ambito matematico l'apporto dell'area culturale tedesca fu, ad esempio, tutt'altro che trascurabile. Soprattutto sotto l'aspetto dell'introduzione di nuove notazioni.
Un matematico tedesco che si guadagnò un posto nella storia della matematica essenzialmente per essere stato il primo ad usare i simboli + e - per l'addizione e la sottrazione fu Johannes Widmann (Cheb 1460 Lipsia 1489). 
Widmann fu docente presso l'università di Lipsia e nell'anno della sua morte a soli 38 anni pubblicò il suo trattato di Mercantile Arithmetic intitolato Behende und hüpsche Rechenung auff allen Kauffmanschafft che, come potete constatare nell'immagine di sinistra, fa uso dei simboli che divennero in seguito lo standard universale soppiantando la notazione italiana p ed m.

Un altro matematico di area tedesca che va citato solamente per il fatto di aver introdotto nuove notazioni è Christoph Rudolff (Jawor, 1499 – Vienna, 1545). Il simbolo da lui introdotto è quello attualmente in uso per la radice quadrata: √. In seguito Eulero propose la congettura che questo simbolo sia stato ottenuto attraverso deformazioni della lettera "r" (dall'iniziale della parola latina radix). Rudolff introdusse inoltre la notazione e la definizione di x0 = 1. Quindi ora sapete con chi prendervela quando vi chiedete: ma perché x0 = 1?
Rudolff detiene anche il primato di essere stato il primo ad usare il tedesco  per scrivere un libro di algebra: il suo Die Coss (versione integrale).

Il terzo tra i matematici tedeschi che citerò qui è Michael Stifel (Esslingen 1487 – Jena 1567). Stifel è l'autore della più importante fra le algebre tedesche del XVI secolo: l'Arithmetica integra (1544); in cui, attraverso l'introduzione dei coefficienti negativi, Stifel unificava i vari casi di equazioni di secondo grado.
Nell'Arithmetica integra Stifel prende anche in considerazione una questione che tormentò molti matematici che lo avevano preceduto e che ne tormenterà altri che lo seguiranno. E cioè se gli irrazionali possano  essere considerati numeri oppure no. Da una parte Stifel propenderebbe ad accettarli come veri numeri, in quanto, nella geometria, gli irrazionali riescono a risolvere problemi irrisolubili con i soli numeri razionali. D'altra parte, il fatto che la rappresentazione in notazione decimale degli irrazionali richiederebbe un numero infinito di cifre dopo la virgola condusse Stifel alla conclusione che gli irrazionali non possono  essere considerati come dei veri numeri in quanto "l'infinito stesso non più essere considerato come un numero". In realtà poi le cose cambieranno: circa tre secoli dopo con Dedekind.
Anche Stifel detiene inoltre un primato. E cioè quello di essere stato il primo ad usare la giustapposizione senza simboli tra i termini per la moltiplicazione. Cioè l'uso di X1X2X3 per indicare il prodotto tra X1, X2 e X3.

Concludo questa puntata con un ultimo primato che si ricollega a vicende della nostra attualità (non più molto attuale oramai). E cioè il "greve uso dell'acronimo S.P.Q.R. Sembra che, con grande dispiacere di una parte dei nostri concittadini, il primato spetti al nostro frate Luca Pacioli.

Nella prossima puntata parleremo di altri matematici del rinascimento italiano come Del Ferro, Tartaglia e Cardano e del loro ruolo nella scoperta della formula risolutiva per le equazioni di 3° e 4° grado.

Puntate precedenti...

Indice della serie

domenica 14 novembre 2010

Carnevale della Matematica #31

L'edizione numero #31 del Carnevale della Matematica la troverete sul blog Science Backstage di Gianluigi Filippelli. Blog che vi consiglio di frequentare indipendentemente dal Carnevale della Matematica. In questa edizione a coadiuvare Gianluigi c'è un'ospite d'eccezione: il Cappellaio Matto.

Il mio contributo viene introdotto troppo generosamente in questo modo:

Ed eccoci a uno dei contributi più attesi, o almeno io lo attendevo con trepidazione, visto il bel lavoro che, con la matematica (e non solo) fa sul suo blog (ricordo ciò che fece per il Carnevale russelliano). Ovviamente il buon Dioniso prosegue con la sua serie Numeri e Geometria attraverso la storiaLa fine del medioevo e l'inizio del rinascimento: il Regiomontano. L'episodio ruota o parte se preferite dalla caduta di Costantinopoli e dalla sua importanza per la storia della matematica. Spero che siate abbastanza curiosi da voler approfondire l'argomento andando a leggere direttamente l'articolo di Dioniso.


L'edizione natalizia, la numero #32 del 14 dicembre, sarà ospitata da Annarita Ruberto sul blog Matem@ticaMente.

 Calendario con le date delle prossime edizioni del Carnevale

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domenica 7 novembre 2010

World Wide Web, Ragnatela Mondiale o Megaragnatela? - la lingua nella comunicazione scientifica

Qualche mese fa ho letto "Le parole di Einstein - Comunicare scienza fra rigore e poesia" di Daniele Gouthier ed Elena Ioli.
Tra gli interessanti temi trattati dagli autori c'è naturalmente anche quello linguistico. Essendo io un neo-crusc semipentito, sono stato particolarmente stimolato dal tema della contaminazione linguistica e dell'attuale passività dell'italiano rispetto all'inglese.
Gli autori introducono l'argomento riportando il frammento di un'immaginaria conversazione tra due scienziati in un laboratorio: "Non va bene! La gaussiana che hai tracciato non fitta quell'insieme di dati che hai plottato. Il range dei valori è troppo piccolo. Ci serve altro input".
Anche nel mio ambiente, quello delle aziende informtatiche, conversazioni analoghe sono all'ordine del giorno. Mi è capitato addirittura di sentir dire "deletiamo (delete) quei file". Per non parlare poi, in ambito più generale, dei famigerati miscion e lochescion. Ed entrando nell'ambito dei termini inglesi usati a sproposito: gadget, trolley, outing e molti altri. Linguaggio che in una mia lettura precedente viene definito "il prestigioso linguaggio manageriale" con cui "ci s'illude d'essere avveniristici, mentre non si fa altro che risuscitare il linguaggio dei vecchi medici ciarlatani che sulle ricette scrivevano aqua fontis invece di acqua e il malato si sentiva subito meglio".

Gouthier e Ioli affermano che "la traduzione pedissequa di parole come to fit, adattare, to plot, costruire un grafico, nei fastidiosi anglicismi non aiuta a fare chiarezza e denota una certa povertà lessicale". Se tra gli specialisti la comprensione si realizza senza intralci, "quando il fruitore del messaggio diventa un pubblico che non condivide la stessa specializzazione, ecco che il ricorso ad una simile terminologia rende un cattivo servizio e alimenta la confusione".
Sarebbe secondo me auspicabile che il comunicatore si ponesse una domanda: quanti italiani capiscono l'inglese? Una stima nasometrica molto ottimistica potrebbe arrivare al 20%. A questo punto il comunicatore dovrà quindi decidere se rivolgersi principalmente ad una minoranza di meno di un quinto della popolazione del proprio paese oppure se cercare di rivolgersi anche a quella parte meno linguisticamente dotata.

Ma il comunicatore potrebbe spingersi oltre e riflettere sulla passività dell'italiano rispetto all'inglese e sulla mancanza di coraggio nel proporre e far circolare novità linguistiche.

"Per arginare il rischio di sottosviluppo e decadenza della lingua nazionale è importante avere il coraggio di proporre e far circolare novità linguistiche, nella consapevolezza che l'ambiente e la pratica ne decreteranno o meno la permanenza" attraverso una selezione naturale. "La passività dell'italiano è tanto più preoccupante poiché è grave che una comunità scientifica non senta la necessità di disporre di parole nella lingua nazionale per esprimere una parte significativa della propria cultura". Pur mantenendo un certo grado di consapevole apertura alle contaminazioni esterne, "dovrebbe essere sentito come un imperativo quello di accogliere il conio di nuovi termini piuttosto che il semplice prestito da altri bacini linguistici".
"La scienza appartiene all'esperienza collettiva e deve entrare a far parte del dibattito intellettuale nella lingua nazionale, pena la riduzione di quest'ultima a reperto semifossile, incapace di divenire strumento di pensiero e di cultura moderni".
Mi sentirei di aggiungere che molti termini irrinunciabili del nostro attuale patrimonio linguistico collettivo sono nati proprio attraverso la  coraggiosa proposta di neologismi. Coraggio che non manca sicuramente nel mondo germanofono dove ad esempio l'uso del calco semantico viene praticato sin dai tempi dei primi contatti tra cultura germanica e cultura classica greco/romana. Ma la maggior parte delle volte non sarebbe neppure necessario lo sforzo di coniare e proporre un neologismo. Spesso sarebbe sufficiente una semplice traduzione.

Un altra considerazione interessante è quella del potere evocativo delle parole. Ad esempio nella mia mente di fruitore italiano dilettante della domenica, il termine passeggiata evoca qualcosa. Mentre il termine walk non evoca nulla. E allora perché usare random walk al posto di passeggiata aleatoria? L'espressione buco nero evoca immediatamente un immagine, l'espressione black hole no.
Concludo con la citazione dell'iniziativa Le magnifiche cinque (traduzioni), di cui sono venuto a conoscenza attraverso l'articolo Il Cogitario Fuffatico di Egolalipazia, come esempio di incoraggiamento alla proposta e alla circolazione di novità linguistiche.