giovedì 7 novembre 2013

Pitagora (sesta parte) - L'incommensurabilità della natura: triangolo, pentagono o corde vibranti?

Nella puntata precedente abbiamo detto che Ippaso di Metaponto, uno dei più brillanti allievi della scuola di Pitagora, trovò un oggetto non misurabile attraverso un numero; e che con esso l'allievo scardinò la dottrina dei pitagorici sintetizzata dal motto della scuola: Tutto è Numero; e che addirittura, dopo il suo rifiuto di mantenere la segretezza di tale scoperta, egli venne condannato a morte per annegamento.
Quello che non abbiamo ancora detto è qual fosse l'oggetto non misurabile attraverso un numero (incommensurabile) che Ippaso scovò.
Dicevamo però che anche questa è una domanda ancora aperta. Attualmente, per quanto ne sappia, esistono tre diverse ipotesi in merito. E in tutti e tre i casi il destino dovette apparire piuttosto beffardo ai pitagorici.
La prima ipotesi è quella proposta da Giamblico: "Di Ippaso si dice che era un Pitagorico, e che sarebbe perito in mare come empio per aver divulgato la sfera che egli per primo aveva costruita geometricamente a partire da dodici figure pentagonali"1. Ipotesi  rivalutata successivamente da Kurt von Fritz2. E la figura costruita con dodici figure pentagonali non è altro che il dodecaedro regolare. Che per definizione è costituito da dodici pentagoni regolari.
E il pentagono regolare è proprio il poligono dal prolungamento dei cui lati si costruisce il pentagramma regolare. Cioè, il simbolo dei pitagorici.  Il baco che minava le fondamenta della dottrina pitagorica si sarebbe celato quindi proprio nel simbolo della scuola. Ma in quale punto preciso del simbolo fu scovato quest'oggetto? Beh, esso dimorava non in un solo luogo, ma in molti dei rapporti tra i vari segmenti del simbolo. In seguito si scoprirà che in questo caso ci si trovava di fronte ad un irrazionale molto particolare, e cioè la celeberrima sezione aurea. Che si ritrova sorprendentemente anche in molte altre aree dello scibile umano: dalla Pittura all'Architettura, fino alla Musica e alla Letteratura.

La seconda ipotesi, di cui ci parla Aristotele3, vuole invece che l'oggetto sia affiorato durante lo studio del rapporto tra lato e diagonale di un quadrato. E cioè in un caso specifico del Teorema di Pitagora. Quindi, in questo caso, l'oggetto mostruoso si sarebbe annidato nel celebre teorema del maestro!
Il caso particolare più semplice del teorema, che porta alla grandezza incommensurabile è il seguente. Se consideriamo il triangolo rettangolo di cateto 1 e chiamiamo x la lunghezza incognita dell'ipotenusa, la nota filastrocca del teorema ci dice che l'area del quadrato costruito sull'ipotenusa è pari alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti. Quindi nel nostro caso
1² + 1² = x²
Da cui, sommando
1² + 1² = 2 = x²
Il problema di cui si accorse Ippaso è che questo numero x, che elevato al quadrato è uguale a 2, numero che oggi chiamiamo radice di 2 e rappresentiamo con √2, non si può esprimere come un rapporto di numeri interi, cioè detto in termini più tecnici, non può esistere alcuna coppia di interi m ed n tali che m/n = √24. Il che equivale a dire che la diagonale del quadrato non può essere misurata in termini di lato del quadrato. In altre parole, se assumiamo il lato del quadrato come nostra unità di misura, non riusciremo mai ad esprimere un rapporto di numeri interi che possa rappresentare la lunghezza della diagonale.

Infine nella terza ipotesi5 "si ritiene che la scoperta del concetto di incommensurabilità sia legata al tentativo di risolvere un problema della teoria musicale6. Nelle consonanze le lunghezze delle corde sono in certi ben precisi rapporti (cfr.), per esempio nel caso dell’ottava nel rapporto 12 : 6. I pitagorici si sarebbero posti il problema di determinare la lunghezza di una corda, diciamola L, di misura intermedia tra 12 e 6 unità e tale che potesse generare due consonanze uguali, una facendo vibrare la corda maggiore e l’intermedia L e l’altra facendo vibrare quest’ultima e la minore. E questo significa che il rapporto tra la lunghezza della maggiore e l’intermedia 12 : L doveva essere uguale a quello tra la lunghezza dell’intermedia e della minore L : 6." 
Quindi 12/L = L/6
Cioè L² = 2
Vi ricorda qualcosa?
"Se la congettura di Szabò è vera, allora i pitagorici avrebbero trovato una coppia di corde di importanza nella musica, di cui sapevano per via aritmetica che non erano esprimibili con due numeri naturali e dunque erano prive di logos."

Il fatto comune alle suddette tre ipotesi è l'individuazione di un oggetto la cui misura non si può esprimere come un rapporto di numeri interi.7 Ad ogni modo, questo oggetto non riconducibile ai numeri interi rappresentò per i pitagorici il diabolus in matematica, la bestia nera che faceva crollare il loro modello cosmologico. È facile immaginare che la scoperta creò molta preoccupazione all'interno della scuola. Non si sarebbe più potuto asserire che la natura è completamente misurabile e rappresentabile attraverso i numeri e neppure quindi che attraverso la scoperta delle proprietà dei numeri si potessero specularmente scoprire i misteri dell'Universo. Era il controesempio che falsificava la teoria. Così il modello pitagorico implose inesorabilmente.

E che successe alla scuola dopo il crollo delle fondamenta teoriche?

Questo lo vedremo nelle prossime puntate ...

Per chi invece volesse sapere come andarono le cose direttamente dalla voce di Pitagora può leggere Pitagora, Ippaso e la scoperta dell'irrazionale

Indice della serie

1 Giamblico, Summa pitagorica, Bompiani 2006
2 The Discovery of Incommensurability by Hippasus of Metapontum - Annals of Mathematics - Second Series, Vol. 46, No. 2, Apr., 1945, pp. 242-264
3 Analitici primi, I.23.41a23-7
4 Di dimostrazioni se ne trovano molte. Alcune vengono riportate su wikipedia e la prima che trovate lì è quella classica.
5 Giacomo Michelacci / L’evoluzione del metodo nella matematica greca - Esercizi Filosofici, Vol. 6, anno 2002
6 Szabò, The beginnings of Greek mathematics, Dordrecht, Reidel, 1978
7 Da questa negazione deriva anche il termine “irrazionale”, dal latino ratio, che significava originariamente “rapporto” o “calcolo”, evolutosi in seguito anche nel significato di “ragione”. Irrazionale quindi in quanto non esprimibile come un rapporto di numeri interi. Questo è il termine che usiamo oggi per denotare tali grandezze.