domenica 14 ottobre 2018

What is Mathematics, Really? di Reuben Hersh - Ma il platonismo in matematica è una sorta di religione?

Ma il platonismo in matematica tende a una trasfigurazione mistica della materia tramutandola in una sorta di religione?

Così sembra pensarla Reuben Hersh, autore di What Is Mathematics, Really?

L'ultima volta che ho parlato di questo libro ho riportato un brano in cui l'autore cerca di indagare la natura degli oggetti matematici. Oggi propongo riflessioni sulle varie scuole di pensiero che hanno cercato di indagare tale natura. Come al solito, il tutto è in libera traduzione.

Il costruttivista considera i numeri naturali come il dato fondamentale della matematica, che non si può né si deve ridurre a una nozione più basilare, e da cui deve essere costruita tutta la matematica.

Il platonista considera gli oggetti matematici come preesistenti, una volta per tutte, in un indefinito senso ideale e atemporale. Il matematico non creerebbe ma scoprirebbe ciò che esiste già, compresi gli infiniti di una complessità non ancora concepita dalla sua mente.

Il formalista rifiuta sia le restrizioni del costruttivista sia la teologia del platonista. Ciò che conta sono solo le regole di inferenza con cui trasforma una formula in un'altra. Qualsiasi significato di tali formule è al di fuori della matematica e quindi non interessa al formalista.



Che cosa manca a ognuna di queste tre filosofie da un punto di vista intuitivo?

La difficoltà più ovvia è quella che affligge il platonista. Se gli oggetti matematici costituiscono un mondo ideale immateriale, in che modo la mente umana stabilirebbe un contatto con quel mondo? Consideriamo, ad esempio, l'ipotesi del continuo. Gödel e Cohen hanno dimostrato che non può essere dimostrata né smentita dagli attuali assiomi della matematica. Il platonista dovrebbe considerare questo risultato un inaccettabile manifestazione di ignoranza. Secondo lui il continuo dovrebbe essere un oggetto definito e indipendente dalla mente umana. E quindi dovrebbe o contenere o non contenere un sottoinsieme infinito non equivalente né all'insieme dei numeri interi né all'insieme dei numeri reali. Dovrebbe essere la nostra intuizione a dirci quale sia il caso. Il platonista ha quindi bisogno dell'intuizione per collegare la consapevolezza umana e la realtà matematica. Ma questo suo concetto di intuizione è inafferrabile. Il platonista non lo descrive né, tantomeno, lo analizza.
Ci si potrebbe chiedere: come viene acquisita questa intuizione? Varia da persona a persona, da matematico a matematico? Deve essere sviluppata e raffinata. Ma in che modo e con quali criteri la si sviluppa? L'intuito del platonista vedrebbe direttamente una realtà ideale così come i nostri occhi percepiscono la realtà visibile? 

Quindi l'intuizione sarebbe una seconda entità ideale, la controparte soggettiva della realtà matematica platonica. E così abbiamo introdotto un secondo mistero. Oltre alla misteriosa relazione tra la realtà mondana del cambiamento e quella delle idee atemporali e immateriali; adesso abbiamo anche la misteriosa relazione tra il matematico in carne e ossa e la sua intuizione, che percepisce direttamente l'eterno e l'atemporale.
Queste difficoltà rendono il platonismo difficile da sostenere per una persona con una mentalità scientifica. Ma i platonisti matematici ignorano bellamente tali difficoltà. Per loro, l'intuizione è qualcosa di inanalizzabile ma indispensabile. Così come l'anima del protestantesimo moderno, l'intuizione esiste, ma non può essere oggetto di dibattito.


...continua...

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