Visualizzazione post con etichetta dodecafonia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta dodecafonia. Mostra tutti i post

domenica 6 gennaio 2019

La costruzione di una scala musicale attraverso i numeri - F. Talamucci: scale musicalii e numeri

In questo post avevo riportato un brano da La costruzione di una scala musicale attraverso i numeri in cui Federico Talamucci parla delle difficoltà insite nel temperamento equabile mostrando che esse sono in qualche modo mitigate da aspetti psicofisici correlati a tale scala.

Da Musica coerente con intonazione e accordatura 432 Hz
Qui riporto invece un’osservazione su tre tra le più importanti scale introdotte nella musica occidentale attraverso i secoli che Talamucci scrive nella coda del suo articolo e che definirei un capolavoro di sintesi.

la scala equabile necessita solo del principio dell'ottava (collegabile al numero due) e di un concetto di distanza, quella pitagorica estende il principio accettando il numero tre, infine la scala naturale lo amplia ulteriormente incorporando il cinque

Più avanti Talmucci prosegue...

“La musica è la capacità di recepire, discernere, organizzare e apprezzare l'ordine nella totalità dei movimenti intorno a noi. È l'incontro delle due razionalità, l'una predisposta dall'Universo l'altra costruita dalle regole del pensiero. Più che altrove, una sola mente non basta a cogliere il tutto, occorre la cultura musicale per tramandare tutto ciò che si è raccolto. In modo più evidente e stringente che in altre discipline artistiche, le nozioni della pratica si consolidano, si cristallizzano in una teoria logica. Ma è la musica che stabilisce le regole: il ribaltamento dei ruoli di un'imposizione di regole pianificate astrattamente e programmate a tavolino non porta lontano, come è successo per la Dodecafonia.

L'avanzamento formale e l'evoluzione emotiva della musica necessita che questa vada scritta, vada codificata: intervengono elementi razionali, astratti, annoverati nell'universo della matematica. Gli stessi studi ed esperimenti in campo acustico, sin dall'antichità, hanno elargito entusiasmo riguardo la presenza della matematica nella musica. Per questa esigenza c'è chi ha visto, ad esempio, nel tetragramma o nel pentagramma (il riferimento che in verticale dà la frequenza, in orizzontale il tempo, con unità di misura verticale la chiave, con unità di misura orizzontale la battuta) un'anticipazione del sistema di riferimento cartesiano. È proprio attorno all'evoluzione della notazione musicale che effettuiamo la nostra riflessione finale: il pessimismo del primo grande teorico musicale del Medioevo, Isidoro da Siviglia, che affermava che la musica non potrà mai essere scritta, è stato capovolto dalla prodigiosa evoluzione formale culminante nelle formidabili conquiste in epoca beethoveniana, di compiuta possibilità di tradurre sulla carta ciò che il compositore ha in mente. Il successo è indubbiamente di carattere tecnico, operativo, possiamo dire scientifico.”

Talmucci si pone infine varie domande sui possibili limiti della scienza nel trovare modelli e spiegazioni per alcuni aspetti della creazione musicale non ancora del tutto inquadrabili e conclude.

“L'autore di questo articolo immagina un pò in questo modo l'adoperarsi per procurare un ponteggio matematico al mondo dei suoni, con il risultato di un capriccio, come genere dell'arte figurativa: non è la mancanza di forma a caratterizzare questi generi più liberi, bensì il fatto che una forma viene inventata, trovata strada facendo: un meraviglioso, sistematico ed elaborato accostamento di architetture, che tuttavia non esiste.”

venerdì 24 novembre 2017

Ansermet, il musicista matematico contrapposto ad Adorno e alla dodecafonia: Stravinsky o Schönberg?

Qualche giorno fa ho ascoltato la puntata di WikiMusic del 12/11/2017 che era dedicata al musicista matematico Ernest Ansermet. Di seguito riporto alcuni brani che mi sono sembrati particolarmente interessanti.

...Ansermet è anche autore di un significativo libro sulla musica del secolo scorso, I fondamenti della musica nella coscienza dell'uomo del 1961. Un grosso e complesso volume che mantiene un rigore filosofico molto raro da riscontrare nei libri di filosofia della musica. Non ci sono virtuosismi intellettuali e lessicali e neanche l’ideologia politica di Adorno. Sebbene è proprio con questo autore che il libro di Ansermet può essere messo in rapporto dialettico. Proprio perché in entrambi i casi sono due i compositori che vengono presi a modello per illustrare le due diverse filosofie della musica: Stravinsky e Schönberg. Stravinsky la restaurazione, Schönberg il progresso per Adorno. Per Ansermet si tratta di smontare la dodecafonia come metodo di composizione assolutamente falso.
La frase cardine del libro di Ansermet è la seguente: non si può sfuggire alla legge tonale poiché essa è la legge dell’orecchio. Secondo Ansermet c’è un substrato culturale che accomuna tutti gli uomini e che ci permette di percepire la musica tutti alla stessa maniera. Ansermet non parla né di gusto né di piacere ma puramente di percezione. E arriva a questa concezione tramite la matematica. Ansermet dice che il nostro apparato uditivo percepisce secondo leggi logaritmiche. Cioè il prodotto di due intervalli coincide nel nostro orecchio alla somma degli stessi e questa è proprio una proprietà dei logaritmi. Questo modo di pensare non può concepire una tecnica come quella dodecafonica in cui i riferimenti vengono a mancare perché i suoni sono svincolati tra loro. In sostanza nella dodecafonica si creerebbe un cortocircuito. Cioè l’oggetto percepito non incontra l’atto percettivo del senso che la coscienza riesce a dare a ciò che percepisce. Questo fa sì che la nostra coscienza non comprenda la musica dodecafonica. Quei suoni potrebbero essere anche stati messi lì casualmente e la nostra coscienza non li comprenderà. Non comprenderà che essi costituiscono una serie dodecafonica.

Secondo Ansermet, per rinnovare il linguaggio tonale non è necessario sopprimerlo ma basterebbe rielaborarlo in maniera originale. Così fa il genio. La nuova musica non ha bisogno di distruggere quanto fino allora si era fatto o si era detto. Il vero genio riesce a creare musica nuova a partire dai presupposti classici. La vera differenza la fa lo stile non tanto le forme.

Le posizioni di Ansermet sono state viste come reazionarie. Però, a pensarci bene, alla fine le cose sono andate come lui aveva previsto. In effetti oggi la dodecafonia rimane poco più che un esercizio.

Per altre considerazioni sulla dodecafonia...

giovedì 10 agosto 2017

Adorno, l'estetica musicale e la dodecafonia

Sebbene il tema non sia prettamente matematico qui si parla comunque della più pitagorica tra le arti. E poi la dodecafonia non è forse un'elementare formuletta matematica? E allora...

Vi siete mai posti la domanda: che cos'è la bellezza in musica? Quando posso dire che una canzone, una sinfonia, un'opera sono belle? Quando mi suscitano delle emozioni forti? Oppure dobbiamo cercare di astrarci dalle emozioni e giudicare attraverso altri parametri?
Avevo parlato e discusso di un tema simile anche molti anni fa in Godimento intellettuale e godimento gastronomico. Ed è forse proprio da quella discussione che mi ero ripromesso di leggere qualcosa su Theodor Adorno. Nel frattempo mi è capitato si ascoltare la puntata di WIKIMUSIC del del 06/08/2017 dedicata, per l'appunto, al filosofo, musicologo e sociologo tedesco, in cui vengono discussi interessanti temi di estetica musicale. Di seguito ne riporto alcuni passaggi con qualche mia considerazione finale.

Adorno parla di doppio carattere della musica in quanto un'opera d'arte non sarebbe solo un prodotto del genio del suo autore ma sarebbe anche il prodotto di una sorta di soggetto storico e di soggetto collettivo. E cioè di quella società in quel preciso momento storico. Adorno è un acerrimo nemico dell'arte intesa come puro godimento, come piacere sensoriale, come passatempo rilassante e consolatorio. L'arte non andrebbe giudicata per il suo potenziale di piacere bensì per la carica eversiva che essa esprime. La funzione dell'arte e soprattutto quella della musica non sarebbe quella di divertire ma quella di individuare un residuo campo di libertà, di dare un senso diverso al progresso e allo sviluppo sociale e di criticare le logiche di dominio. L'arte e la musica, allora, diventerebbero le uniche alternative all'inganno e all'oppressione che per permeano la nostra esistenza.

Nella celebre opera "Filosofia della musica nuova" del 1949, Adorno condanna la musica di Stravinskij che considera reazionaria e restauratrice e individua nella musica schönberghiana la via del progresso. La tecnica dodecafonica, invece, darebbe vita a un'arte diversa che fa a meno dell'ornamento negando l'apparenza a favore dell'essenza. La musica schönberghiana sarebbe vera perché compromessa con la tragedia dell'uomo del '900. Essa avrebbe scelto di negare la realtà e di farsi carico dei suoi tratti più contraddittori, angoscianti e inumani. Facendo questo però ha sacrificato i suoi rapporti con il pubblico a favore di una sorta di isolamento forzato. "Questa musica ha preso su di sé tutta la tenebra e la colpa del mondo. Tutta la sua felicità sta nel riconoscere l'infelicità. Tutta la sua bellezza nel sottrarsi all'apparenza del bello." - scrive Adorno.

Date queste premesse e si può facilmente intuire perché Adorno avesse quella predilezione per la musica dodecafonica e seriale di cui il musicologo-filosofo diventa, forse anche suo malgrado, il più energico teorico.
Il fatto interessante è che Schönberg, il padre della dodecafonia, criticò ferocemente quello che definì "il gergo pseudo filosofico di Adorno con il quale i professori di filosofia oggi nascondono l'assenza di un pensiero". Per Schönberg Adorno non è altro che "un piccolo cane ringhioso che, come tutti i cani ringhiosi, sarebbe prima o poi diventato rauco o muto.


L'idea che mi sono fatta io, nel mio piccolo e nella mia profonda ignoranza, è che il pensiero di Adorno vada storicizzato in quanto fortemente intriso della politicizzazione del '900 e che, per quanto riguarda l'estetica della musica, non sia più totalmente attuale.
Ad ogni modo, della dodecafonia continuo a pensare quello che ho già scritto qui e qui.


lunedì 12 maggio 2014

La matematica è bella o brutta? (Ovvero la scala di tredici semitoni di Bohlen-Pierce)

- Signore e signori. Oggi discuteremo un tema molto dibattuto. C'è chi la ama e chi la odia. E quelli che la amano gioiscono nel poter elencare tutte le sue beltà quando qualcuno chiede loro: ma che c'è di bello nella matematica? Pur tuttavia torme di studenti sarebbero pronti a contestare aspramente tali beltà. Indi per cui, come ci suggerisce martopix per il Carnevale della Matematica n°73, perché non parliamo di Bruttezza Matematica? Visto che di bellezza matematica si parla sempre? Se non altro per pari opportunità! Bene. Allora sentiamo che cosa ne pensa l'illustre Pitagora!
- Di nuovo? Per Zeus! Ma sempre me deve venire a scomodare?! Non poteva chiederlo a Umberto Eco? Lui ci ha scritto un libro sulla bruttezza!
- Sì, ma non credo che il libro parli di matematica. E poi ormai ho una certa familiarità con voi e so dove trovarvi. Umberto Eco mica lo trovo qui ai Campi Elisi.
- Ho capito. Ma per la prossima volta veda di procurarsi qualche nuovo contatto. Allora, la bruttezza matematica... Be', la prima cosa che mi viene in mente è la bruttezza che si può produrre da una sua applicazione alla musica.
- Nella musica? Ma come? Non siete stato voi il primo a scoprire quella bellissima relazione tra rapporti di numeri interi e intervalli consonanti? Quella mirabile corrispondenza tra la quarta e la quinta giuste e i rapporti 4:3 e 3:2?
- Certo! Ma poi, non soddisfatti, gli uomini crearono quel dannato temperamento equabile.
- Be', comunque lì si divide l'ottava in parti uguali. C'è simmetria.
- Simmetria, sì. Ma che cosa mi dice del rapporto che ivi sussiste tra i semitoni?
È la radice dodicesima di 2!
 ! Un ir... Un irra...
- Un irrazionale vuole dire?
- Sì quello. Non riesco mai a pronunciare quel nome. Non è un esempio di bruttezza generato dalla matematica quello?
- Mah, non saprei...
- Ah, non è convito? Be' allora le mostrerò un altro esempio, a confronto del quale il primo ha la bellezza dell'identità di Eulero.
- Addirittura!
- Sì! Perché gli uomini non si sono accontentati del temperamento equabile; che, se non altro, rimaneva molto vicino alla bellezza primigenia da me scoperta. No! Hanno voluto strafare! E hanno inventato la trittava.
- La trittava!? E che cos'è?
- Un'oscenità. Ecco cos'è. Un abominio inventato da tre ingegneri del suono o sedicenti tali: Heinz Bohlen, Kees van Prooijen e John R. Pierce. Pensi, hanno voluto creare una scala basata solo sugli armonici dispari...
- Ah! Questo mi riporta alla mente una discussione di qualche tempo fa.
- ... E in questo modo hanno prodotto una scala diatonica composta da quattro toni e cinque semitoni. E hanno dovuto inventarsi persino i nomi di due nuove note: H e J nel sistema anglosassone
- Due nuove note!? E nel nostro sistema di Guido D'Arezzo come si chiamano queste nuove note?
- Non credo sia ancora stato inventato un nome. Nel sistema anglosassone si trovano tra G e A. Tra sol e la, quindi.
- Uhm. Do, re, mi, fa sol, la, si... Si potrebbe proporre... fi e li! Do, re, mi, fa sol, fi, li, la, si. Suona bene, no?
- Ma che bene e bene! E poi non è finita qui. La scala cromatica corrispondente è di tredici semitoni. Si rende conto? Ma, non ancora soddisfatto di tale oscenità, qualcuno ha voluto persino peggiorarla introducendo un temperamento. Che sostituisce i rapporti tra numeri interi, che comunque caratterizzavano la scala, con la radice tredicesima di tre.
 Un altro ir... irra...
- Irrazionale.
- Sì, quello.
- Ma quindi questa trittava che cosa sarebbe?
- Sarebbe l'equivalente dell'ottava in questa cosiddetta scala. Nella scala tradizionale l'intervallo di ottava raddoppia la frequenza del primo suono. Qui invece la frequenza viene tri-pli-ca-ta! Senta qui. Questa è un'ottava e questa (si copra le orecchie) è una trittava.
- Mhh... Mbe'... Interessante... Forse potrebbe essere solo una questione di educazione dell'orecchio...
- Educazione dell'orecchio dice?
- Be', però... armonici dispari... radice tredicesima di tre... io vi scorgo una certa simmetria. E simmetria non è quai sempre bellezza?
- Ancora non è convinto eh? Senta questo "canone" allora. Non sembra un accolita di clarinettisti ubriachi a cui qualcuno si è divertito a manomettere gli accordatori? E poi c'è pure chi ci fa ballare i gatti con questa scala di Bohlen-Pierce. E anche chi ci scrive "canzoni d'amore".
Guardi, le dirò di più. Secondo me tutte le applicazioni della matematica alla musica che sono venute dopo di me hanno prodotto bruttezza! Vogliamo parlare della dodecafonia?
- Ma quella non è propriamente un'applicazione della matematica alla musica.
- E che cos'è la dodecafonia se non l'applicazione di un algoritmo matematico in musica? Ha prodotto bellezza?
- Sicuramente ha prodotto innovazione.
- Innovazione, innovazione. Senta qua. Me la chiama bellezza questa?
- Ma Bach e i suoi canoni? Anche quelli hanno forse qualcosa a che fare con la matematica.
- Be', lì sono disposto a parlare di eccezione. Ma come la mettiamo anche con tutti questi cervellotici riferimenti alla sezione aurea che si trovano disseminati in musica? Quando Béla Bartók mi suddivide le sezioni del suo pezzo con una numerazione che ricalca i rapporti della sezione aurea che cosa sta producendo?
- Io non direi che stia producendo bruttezza.
- Forse no, ma nemmeno bellezza. Quale ascoltatore vuoi che si accorga di una tale strutturazione del pezzo? Per accorgersene è necessaria un'attenta analisi della partitura.
- Però anche quello, una volta scoperto, può provocare godimento intellettivo e quindi bellezza.
Ad un tratto squilla il cellulare di Pitagora.
- Ma Maestro! Quello non era Kontakte di Karlheinz Stockhausen. Maestro! Maestro! Ma dove andate?
- Mi scusi. Devo scappare. Era Cromo. Mi richiama all'ordine. Ne riparliamo un'altra volta.

giovedì 12 luglio 2007

Armonia celeste e dodecafonia

La tesi centrale di questo libro è che il principale responsabile del divario che si è aperto tra il pubblico e i compositori dell'ultimo secolo sarebbe la dodecafonia, che avrebbe abrogato non solo la coloritura armonica e gli sviluppi melodici, ma anche la stimolazione di reazioni fisiche ed emotive, privilegiando l'innovazione a ogni costo a scapito della bellezza. Per sostenere la tesi, l'autore, Andrea Frova, professore di Fisica Generale e docente di Acustica Musicale, cita una serie di risultati scientifici relativi alla nostra percezione soggettiva della musica, che vanno dalla formazione del suono negli strumenti musicali - tra cui anche la voce umana - all'analisi delle informazioni musicali che giungono al nostro cervello.
Un lavoro che viene citato - molto interessante per chi abbia delle nozioni di musica e matematica - è il primo articolo di carattere musicale pubblicato dalla prestigiosissima rivista scientifica Science nel 2006: THE GEOMETRY OF MUSICAL CHORDS.

Frova usa un linguaggio immediato, diretto e comprensibile. La prima del libro espone, senza tecnicismi, la nascita del sistema dell'armonia tonale e la sua evoluzione storica. Non richiede paticolari competenze musicali o matematiche.

Leggendolo ho migliorato le mie conoscenze in fatto fisica dei suoni ma sulla fisica del mio amato trombone. Ho appreso inoltre di correnti musicali del '900 che non avevo mai sentito neppure nominare: musica microtonale, musica aleatoria, musica algoritmica, musica concreta, rumorismo, puntillismo, musica dell'immaginario cosmico, musica politicamente condizionata.

Altra citazione interessante è quella dell'organo naturale di Paolo Diodati basato sull'emissione acustica nelle rocce presso il vulcano di Stromboli.

Particolarmente stimolante per me è risultato anche l'articolo di Zanette che viene citato nel libro: Zipf's law and the creation of musical context. Avevo lavorato con la legge di Zipf durante la mia attività di ricerca nell'ambito dell'Information Retrieval.
Il contesto della legge di Zipf è quello dell'analisi di un testo, ad esempio un romanzo. Se si ordinano i termini a seconda del loro numero di occorrenze nel testo, al primo posto ci sarà il termine che occorre più spesso. Semplificando, Zipf dice che se n(r) è il numero di occorrenze del termine che sta al posto r nella classifica, quando r è sufficientemente grande vale la relazione n(r)~1/r. Quindi il termine che sta al centesimo posto dovrebbe occorrere con una frequenza circa 10 volte maggiore rispetto al termine che sta al millesimo posto. Zanette trasporta in musica il modello di Zipf e introduce il contesto musicale definendo l'equivalente di un termine testuale come una nota caratterizzata da altezza e durata. In questo contesto analizza quattro composizioni di: Bach, Mozart, Debussy e Schönberg e mostra che da un punto di vista funzionale tutte seguono la legge di Zipf, però sussistono delle differenze da un punto di vista quantitativo: il pezzo dodecafonico di Schönberg dà luogo a risultati molto diversi da quelli di tutte le altre composizioni indicando la presenza di un lessico poco compatto e di un contesto instabile.