domenica 3 novembre 2024

Archita, Platone, Eudosso e la duplicazione del cubo - terza parte

 Continua da Archita, Platone, Eudosso e la duplicazione del cubo - seconda parte

«Adesso entrano in gioco questi altri solidi», continuò il giovane indicando le tre figure rimanenti. «Dovremmo immaginare che questo cono circolare», proseguì prendendo la corrispondente figura di legno colorata d’azzurro, «sia quello avente vertice nel punto di intersezione tra la circonferenza rossa e quella gialla e passante per il cerchio azzurro».

   Nota1 
«Uhm», annuì Platone.

«Poi, si costruisce il cilindro che passi per il cerchio rosso», disse mostrando il cilindro rosso.

 

 









 


«E, infine, il cerchio giallo viene fatto ruotare in modo da formare questo toro», disse mostrando il toro giallo.



«E ora dovremmo immaginare la presenza contemporanea di questi tre solidi costruiti a partire da quei tre cerchi. I tre solidi si intersecherebbero in quattro punti»2. Platone annuì dopo aver riflettuto qualche istante.


«E così il procedimento è finito. Perché prendiamo uno di questi punti d’intersezione, lo proiettiamo sul piano del cerchio rosso, e poi proiettiamo quel nuovo punto sull’asse del cono azzurro.


Ed ecco che il segmento compreso tra il vertice di quel cono e quel secondo nuovo punto sarà proprio il lato del cubo di volume doppio rispetto al cubo iniziale».

Platone lo guardava ammirato ed Eudosso sentiva tutta la gratificazione del momento.

«E la dimostrazione?», chiese Platone.

«La dimostrazione… è un po’ complicata», disse Eudosso dopo un istante di esitazione. «Il maestro ha voluto che ogni allievo la scrivesse. È tutta qui», disse mostrando le tavolette che aveva portato con sé.

Platone ne prese in mano un paio. Erano sette in tutto. Contenevano fitte descrizioni testuali che, a partire dal lato del cubo da raddoppiare, definivano esattamente tutti i passaggi per costruire i tre cerchi, i tre solidi e l’intersezione tra di loro. Nelle altre tavolette seguiva la dimostrazione di come quel punto di intersezione permetteva di costruire il lato del cubo con volume doppio rispetto al cubo costruito sul segmento iniziale.

Eudosso aveva ragione. Quella dimostrazione era tra le più complesse che avesse mai visto.

«È stupefacente!», sussurrò infine Platone. «L’occhio della ragione di Archita è tra i più acuti che io abbia mai conosciuto. Pochi come lui riescono a ricostruire così bene gli oggetti a partire dalle loro ombre». Il giovane lo guardava perplesso.

«Non capisco bene il discorso delle ombre e degli oggetti», disse infine.

«Credi che questo sia un cubo?», chiese Platone indicando la figura di legno che avevano usato poco prima.

«Beh… dire di sì».

«Se fosse un cubo quei dodici spigoli dovrebbero avere tutti esattamente la stessa lunghezza. E tutti quegli angoli dovrebbero essere perfettamente retti», osservò Platone. «Credi che le cose stiano così?» Eudosso lo guardava con le ciglia aggrottate. «Il falegname che lo ha costruito ha usato i suoi strumenti per renderlo il più possibile simile a un cubo», riprese Platone. «Ma se avesse avuto a disposizione strumenti più precisi, non si sarebbe accorto che quei dodici spigoli non hanno tutti esattamente la stessa lunghezza? Non si sarebbe accorto che quegli angoli non sono tutti esattamente retti?». Eudosso annuì dopo qualche istante di riflessione. «Quel pezzo di legno», continuò Platone, «è solo la proiezione dell’ombra del quadrato ideale. È il nostro tentativo di rappresentare qualcosa che non potremo mai produrre materialmente ma che potremo solo contemplare nel mondo delle idee investigandolo attraverso la ragione». Eudosso annuì più convinto. «Tornando, invece, all’aspetto più pratico, relativo al calcolo e alla dimostrazione», proseguì Platone, «una differenza che noto è che nel caso della duplicazione del quadrato si usa solo la figura di partenza più alcuni segmenti tracciati a partire da quella figura. Sono tutte operazioni geometriche che potrebbero essere eseguite usando solo gli strumenti della riga e del compasso. Mentre nel caso del cubo bisogna ricorrere alla costruzione di altre figure piane, di altre figure solide, di intersezioni e proiezioni. Certo, funziona, ma…».

«Ma, cosa?». «Mi chiedo se non esista una dimostrazione così semplice anche per la duplicazione del cubo. Da una parte», cercò d’illustrare meglio all’occhio curioso di Eudosso, «abbiamo tre cerchi, un cono, un cilindro, un toro, intersezioni e proiezioni. Mentre dall’altra», proseguì Platone, «abbiamo solo qualche prolungamento di lato, il tracciamento di quattro diagonali e una semplice dimostrazione. Ecco… mi chiedevo se non esistesse una costruzione più semplice anche per la duplicazione del cubo. Una dimostrazione che si possa produrre usando solo la riga e il compasso». Eudosso continuava a fissarlo assorto. «Beh, comunque grazie per la spiegazione. Questo nostro primo incontro è stato molto fruttuoso. Spero lo siano anche i prossimi», disse infine Platone. Poi si accomiatò.

 
1 Grazie di cuore all'amico Sebastian Abbott per aver prodotto le ottime immagini. 

2 Con notazione moderna.

 

domenica 13 ottobre 2024

Recensione de "Il mistero della discesa infinita" su Il Club del Libro

Mi sono appena accorto di una recensione a "Il mistero della discesa infinita" comparsa su Il Club del Libro


La riporto anche qui.

In questo libro, presentato come il sequel di Il mistero del suono senza numero, l'autore romanza il pensiero di Zenone di Elea e la sua vita. Da osservare è l'evoluzione, filosofica e personale, dei personaggi all'interno di questo "racconto divulgativo". Lo stile è incalzante, il mistero e la parte teorica si intrecciano al punto da non far notare al lettore la differenza tra filosofia e pratica. Uno dei personaggi più influenti del libro è Apollonia, amica intima di Zenone, che riesce ad aprire una finestra sul femminismo nell'Antica Grecia, rappresentato dalla libertà femminile all'interno della Crotone greca. Inoltre, si possono incontrare anche le critiche che Zenone riceve da parte del giovane Socrate, facendo ragionare il lettore. Dovendo descrivere con una frase il libro, direi che conduce alle conclusioni filosofiche di Zenone con un processo graduale, facendo diventare filosofo anche colui che legge il libro.

giovedì 10 ottobre 2024

Archita, Platone, Eudosso e la duplicazione del cubo - seconda parte

Continua da Archita, Platone, Eudosso e la duplicazione del cubo - prima parte

«E… quale sarebbe questa soluzione concreta?», chiese Platone con circospezione.

«Beh… è difficile spiegarla senza una copia delle figure geometriche… Ma casa mia è dietro l’angolo», aggiunse subito. «Lì ho le copie che il maestro Archita ci ha fatto usare».

Eudosso tornò, poco dopo, carico di oggetti che a stento riusciva a trasportare. Diverse tavolette erano serrate sotto l’ascella destra, alcuni sottili dischi di legno colorato sotto l’altra ascella e le mani stringevano altre figure di legno, anch’esse colorate. Alcuni passanti li guardarono incuriositi.

«Spostiamoci verso quell’angolo un po’ più in disparte», lo esortò Platone.

Raggiunto il luogo più nascosto il giovane lasciò cadere tutto il materiale a terra. «Immaginiamo che questo sia il cubo che vogliamo duplicare», cominciò dopo aver recuperato la figura. «Il primo passo della costruzione consiste nel formare tre cerchi il cui raggio corrisponda alla lunghezza del lato del cubo», proseguì poggiando il cubo sul disco rosso per mostrare l’equivalenza.

Nota1 

«Poi dovremo disporre i tre cerchi sui tre piani individuati da tre delle facce adiacenti del cubo».

Per mostrare la disposizione Eudosso chiese a Platone di tenere il cubo con una mano in modo tale che una faccia fosse parallela al terreno, e il cerchio rosso con l’altra mano, anch’esso orientato parallelamente al terreno. Poi lui dispose gli altri due cerchi, uno azzurro e uno giallo, vicino al primo ma li orientò verticalmente rispetto a quello e in modo che fossero perpendicolari tra di loro.

«Adesso, usando l’immaginazione», riprese Eudosso con fare saccente, «dovremmo raffigurarci che questi tre cerchi si avvicinino l’un l’altro fino a sovrapporsi, in modo che ogni circonferenza abbia solo due punti d’intersezione con ognuna delle altre».



«Ho capito», disse immediatamente Platone un po’ infastidito.

«Adesso entrano in gioco questi altri solidi», continuò il giovane indicando le tre figure rimanenti. «Dovremmo immaginare che questo cono circolare», proseguì prendendo la corrispondente figura di legno colorata d’azzurro, «sia quello avente vertice nel punto di intersezione tra la circonferenza rossa e quella gialla e passante per il cerchio azzurro».

   

1 Grazie di cuore all'amico Sebastian Abbott per aver prodotto le ottime immagini. 

giovedì 12 settembre 2024

L’influenza del bel canto operistico sugli inizi della musica pop americana

“Il punto di partenza di Sinatra, come di molti altri cantanti di quella prima generazione a cui dobbiamo riferire l’invenzione della musica pop, sono i grandi tenori operistici come Caruso. Il mondo del canto americano era pervaso da questa tradizione belcantistica. E Sinatra, e un po’ prima Bing Crosby, si inseriscono proprio in quest’area: attuando una mediazione apparentemente impossibile ma invece molto ben riuscita riescono a fondere lo stile tradizionale del bel canto operistico con la vocalità della musica afro americana – blues e  jazz. Coniugando questi due generi, apparentemente molto diversi, attraverso l’innovazione tecnologica del microfono riescono a creare il nuovo stile degli inizi della musica pop“.

https://www.raiplaysound.it/audio/2024/06/Momus-Il-caffe-dellOpera-del-08062024-a014c229-7ac7-47fb-aeea-61f5bf1016f3.html

sabato 31 agosto 2024

Archita, Platone, Eudosso e la duplicazione del cubo - prima parte

Il giovane fissava il maestro riflettendo sulle sue parole. Aveva già sentito critiche rivolte al sistema democratico, ma mai sostenute da argomentazioni così convincenti.

«Comunque», fece Platone voltandosi verso Eudosso e interrompendo quel flusso di pensieri, «parlavo dell’importanza della matematica. Durante questo soggiorno a Taranto, vivendo a stretto contatto con voi e immergendomi negli insegnamenti della scuola pitagorica di Archita, mi sono convinto che la natura stessa del numero e degli enti geometrici è un faro che illumina la strada della comprensione della realtà. Numeri e figure geometriche esistono nel mondo delle idee, mentre nel mondo reale vediamo solo la proiezione delle loro ombre. Ma, numeri ed enti geometrici non sono meno reali di ciò che vediamo e tocchiamo. Anzi, sono sempre più convinto che la vera realtà risieda proprio nel mondo delle idee, quella che si può vedere solo con l’occhio della ragione, come sostenevano anche Parmenide e Zenone».

Eudosso lo guardava vagamente confuso. Frattanto avevano raggiunto l’avvallamento che precedeva la lieve salita verso la penisoletta dell’acropoli. Alcuni uomini stavano trasportando un’imbarcazione leggera da una sponda all’altra della penisola.

«Tuttavia…», Platone sembrava cercare le parole giuste, «abbiamo appena parlato degli aspetti teorici dei numeri e della geometria, ma per quelli più… pratici. Mi riferisco ai calcoli, ai metodi di manipolazione geometrica, alle tecniche di dimostrazione», Eudosso lo fissava dubbioso.

«Ecco, per quegli aspetti… credo che sarebbe opportuno…», il maestro parlava con frammentata cautela, stentando ad arrivare alla conclusione. Forse era ancora in dubbio. Non sarebbe stato più saggio parlarne con Archita? Ma forse non voleva rivelare così apertamente la sua ignoranza proprio al maestro. «Penso che le tue competenze mi sarebbero molto utili». Gli occhi del giovane s’illuminarono. «Vorrei dunque proporti una serie di incontri per discutere di quei temi».

«Ma sì, certo!». Eudosso faticava a trattenere l’entusiasmo. «Anzi, possiamo cominciare subito. Sono a vostra completa disposizione».

«Beh … Ci sarebbe…», tentennò Platone mentre i suoi occhi fissavano le colonne del tempio di Poseidone. Alcuni fedeli stavano assistendo a una cerimonia davanti all’altare esterno. «Vedi, Eudosso», riprese, «ci sono metodi, come quello per la duplicazione del quadrato, che sono facili da comprendere e da riprodurre. Lo si fa semplicemente tracciando linee aggiuntive a partire dal quadrato che si vuole duplicare. Invece… Per la duplicazione del cubo… So che ci sono vari metodi…».
  
«Ah, conosco bene la duplicazione del cubo», replicò subito il giovane. «Il maestro Archita ha preteso che la studiassimo a fondo. Anche perché… la vera soluzione è sua. Quella di Ippocrate è insufficiente perché semplifica il problema ma non lo risolve», sentenziò sistemandosi il chitone sulle spalle. Era un gesto tipico di Archita che il giovane aveva fatto suo. Lo usava, più o meno inconsapevolmente, quando si atteggiava a maestro. «Allora, il problema della duplicazione del cubo», proseguì, «è nato da una richiesta del dio Apollo. La città di Delo era stata colpita dalla peste e i suoi abitanti si radunarono a pregare intorno all’altare a lui dedicato per chiedere di esserne liberati. Attraverso il suo oracolo il dio disse che avrebbe sconfitto la peste se loro avessero raddoppiato l’altare. E, stupidamente,…»

«…loro raddoppiarono il lato dell’altare esistente, che era di forma cubica, ottenendo un altare otto volte più grande», lo interruppe Platone. «Sì, lo sappiamo».

«Ehm…», fece Eudosso. «Sì, lo si sa», ripeté un po’ frustrato. «Dicevo quindi che la soluzione di Ippocrate è insufficiente perché non fa altro che ridurre un problema di geometria dei cubi a un problema di geometria dei triangoli ma il calcolo rimane insolubile. Invece il mio maestro Archita ha trovato la soluzione concreta e non solo teorica, come quella di Ippocrate», sorrise riprendendosi dalla frustrazione.

«E… quale sarebbe questa soluzione concreta?», chiese Platone con circospezione.

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