lunedì 27 ottobre 2014

La musica dai ritmi irrazionali 1

- Ritmi irrazionali!? Ma che significa? Come fanno a essere irrazionali i ritmi? Io ho sempre visto delle frazioni all'inizio delle partiture. Tipo 2/4, 3/4, 4/4. Non sono quelle che stabiliscono il ritmo del pezzo? Che significa che il ritmo è irrazionale? Che invece di un 4/4 potrò avere un √2/4 o un π/4? Un po' difficile da contare no? Questa cosa mi puzza. Non è che mi stai per raccontare cose simili alla musica spettrale o agli esperimenti con spettri artificiali?
- No, non proprio. Allora, partiamo dalle basi. Nella nostra notazione musicale un ruolo fondamentale nella definizione del ritmo viene giocato dalla battuta.
- Ah sì, l'insieme delle note comprese tra le stanghette.
- Esatto. E, come hai già osservato, la frazione iniziale stabilisce il ritmo della battuta. E, oltre a quello, anche la quantità di valori che la battuta può contenere e gli accenti. Più precisamente il numeratore stabilisce il numero di movimenti nella battuta e il denominatore stabilisce la durata di ciascun movimento. I movimenti li si può pensare semplicemente come movimenti della mano. Ad esempio con l'indicazione 3/4 si vuole specificare che la misura è composta da tre movimenti ognuno dei quali dura un quarto dell'intero (la semibreve). Con 3/8, invece, si hanno sempre tre movimenti ma ognuno di essi dura un ottavo dell'intero.
- Quindi la differenza è che il movimento del 3/8 è la metà di quello del 3/4?
- Beh, a parità di indicazione metronomica, sì. E, di solito, il 3/4 si batte con tre movimenti della mano ognuno dei quali contiene due ottavi. Mentre il 3/8 si batte con un solo movimento della mano che di ottavi ne contiene tre. 3/4 e 3/8 sono i ritmi tipici del Valzer. E, in questo caso la battuta si dice ternaria.
- Immagino quindi che la battuta di 2/4 si chiamerà binaria e quella di 4/4 quaternaria. Ma i numeratori possono anche essere numeri più grandi, vero?
- Certo! Ci sono, ad esempio, le misure composte. Che si ottengono da quelle semplici (2/4, 3/4, 4/4, ...) moltiplicando la frazione per 3/2. Si ottengono quindi 6/8, 9/8 e 12/8. Queste si battono con lo stesso numero di movimenti della misura semplice corrispondente. Ma ogni movimento della mano comprenderà tre ottavi invece di due.
- Ho capito. Quindi nel 2/4 la mano si muove due volte, in basso, in alto; in basso, in alto, a descrivere i quattro ottavi: ta ta ta ta.



E nel 6/8 la mano si muoverà sempre due volte. Ma stavolta con tre "sotto-movimenti", basso, alto, alto; basso, alto, alto, a descrivere i sei ottavi: ta ta ta ta ta ta.



- Esatto!
- Ma quindi i numeratori possono essere solo multipli di due e multipli di tre?
- No. Esistono anche le cosiddette misure miste.
- E cioè?
- Le misure miste sono un unione di misure semplici e composte. La più semplice è il 5/4.
- Ah, cinque movimenti di un quarto. Quindi in questo caso la battuta si dirà... cinquaria? Ehm, no...
- Si chiama quinaria.
- Quindi esisterà anche il 5/8.
- Certo.
- E gli accenti dove cadono?
- Dipende dalla scelta del compositore. Le scelte più frequenti lo fanno cadere o solo sul primo, oppure primo e quarto, oppure primo e terzo. Questi ultimi due casi possono anche essere visti come 3/8 + 2/8 e 2/8 + 3/8.
- Discorso simile per il 7/4 immagino.
- Sì. E a volte i tempi 5/4, 7/4, 11/4 vengono chiamati tempi dispari.
- Tempi dispari? Ma pure 3 è dispari. E allora perché il 3/4 non rientra tra i tempi dispari?
- Beh, la definizione non è rigorosamente matematica.
- Ho capito. E vale sempre il discorso della moltiplicazione per 3/2?
- Certo che vale. Dal 5/4, ad esempio, si ottiene il tempo composto 15/8.
- Immaginavo. Senti, ma finora abbiamo parlato solo del numeratore. E al denominatore? Io ho visto sempre e solo 2, 4, 8, 16... Potenze di due insomma. Possono esserci solo quelle?
- Eccoti arrivata al punto dove ti volevo portare! Poi ditemi che non è maieutica questa.
- Maieutica?
- No, niente, lasciamo perdere. Generalmente sì: al denominatore si trovano solo potenze di due. Ma un po' di anni fa qualcuno si è divertito a creare qualcosa di nuovo e così sono venuti fuori i cosiddetti metri irrazionali. Ma ora si è fatto tardi e devo andare. Quelli te li spiegherò la prossima volta.
- Uffa! Mi lasci sempre le spiegazioni a metà!

giovedì 16 ottobre 2014

Carnevale della Matematica #78 - Disegnate la matematica

Il Carnevale della Matematica di ottombre, il numero 78 (“il merlo canta allegro”), ha come tema: Disegnate la matematica.
Ad ospitarlo è Rosalba.

Il tema è molto interessante e molto ben sviluppato. Io ho contribuito con La matematica degli Hindu: Aryabhata, Brahmagupta, Mahāvīra, Bhāskara, numeri negativi e irrazionali. Il contributo è parzialmente in tema visto che Bhāskara fu anche bravo a disegnarla la matematica.
Infatti, come ci ricorda anche .mau. in "Quando una “dimostrazione” è una dimostrazione?" e in "Il teorema di Pitagora", Bhāskara produsse una sorta di dimostrazione grafica del celeberrimo teorema.



Il carnevale si conclude segnalando il prossimo ospite.
non resta che ricordare ai Carnevalisti che la prossima edizione del Carnevale, la 79esima per la precisione, si terrà da Il Coniglio Mannaro.


sabato 4 ottobre 2014

Lo sapevate che quasi tutti i numeri non hanno un nome?

Sapevatelo! Da Maurizio Codogno.

"Cosa significa dare un nome a un numero? Vuol dire poterlo chiamare, cioè associargli una frase, che a sua volta è un insieme finito di lettere in una certa lingua. ... Resta il fatto che quelle frasi contengono un numero finito, anche se grande a piacere, di caratteri di un certo alfabeto, caratteri che sono anch’essi in numero finito. Come ci insegna Cantor, i nomi utilizzabili sono un infinito numerabile: per contarli basta prendere e ordinare tutte le possibili “frasi” con un solo carattere, poi tutte quelle con due, quelle con tre e così via. La quasi totalità dei numeri reali non potrà pertanto avere mai un nome. E no, non vale indicare un punto a caso nella retta dei numeri e dire “questo numero si chiama Pippo”. Per specficare esattamente un punto non basta puntargli sopra una matita ma bisogna definirlo per mezzo di un algoritmo, e l’algoritmo è anch’esso una frase…
La situazione è insomma davvero imbarazzante. Sappiamo che i numeri reali esistono, e anzi se scegliamo un numero a caso siamo quasi certi che quel numero sarà trascendente, cioè reale ma non algebrico; eppure non sappiamo dare loro un nome. ... Abbiamo insomma troppi numeri e troppo pochi nomi: siamo proprio sicuri che limitarsi ai numeri razionali non sia in fin dei conti una buona idea, checché ci abbia fatto vedere Ippaso?"