In una delle nostre interviste Cerbero ci ha raccontato della scoperta di Pitagora nella bottega del fabbro. Secondo Giamblico, quella scoperta condusse i pitagorici ad immaginare una generalizzazione per cui partendo a ritroso dalla matematica si sarebbero potuti interpretare tutti i fenomeni fisici dell’Universo. L’idea era molto affascinante: attraverso la decifrazione delle proprietà dei numeri si sarebbe giunti a decifrare l’universo.
La matematica è quindi l'espressione della razionalità dell'universo? E il suo senso è iscritto nelle leggi stesse che regolano la realtà in cui viviamo?
Questo Giamblico non ce lo dice. Però forse il racconto di come i pitagorici passarono da quella semplice osservazione nella bottega di un fabbro all'elaborazione della teoria del “Tutto è Numero” potrebbe aiutarci a capire. Vogliamo farcelo raccontare direttamente a Pitagora?
Alcuni dei lettori conoscono già: l'adePhone 5, ma quello che nessuno ancora sa è che dopo giorni di trattative in cui ho dovuto acquistare diverse offerte di Cerbero sono riuscito finalmente ad ottenere il numero diretto di Pitagora, così non saremo più costretti a passare per quei fastidiosi centralini.
Allora, componiamo il numero: 101 010 10.
- Το Παν είναι Αριθμός!
- Maestro, che piacere risentirvi!
- Andiamo al dunque, mi dica che le serve stavolta.
- Vi ricordate che vi avevo chiesto di raccontarmi di come si svilupparono le ricerche dopo la scoperta nella bottega del fabbro, ma voi preferiste rispondere alla seconda domanda sulla scoperta dell'irrazionale?
- Certo che mi ricordo.
- Ecco, ora gradirei avere una risposta alla prima domanda.
- Oggi mi sento magnanimo e gliela concedo. Le leggerò il capitolo corrispondente sul libro del giovane Fulivao, quello basato sulle mie memorie che ormai lei dovrebbe conoscere bene. Vado a cominciar...
- Uno, due, tre... - Era la voce del maestro quella che proveniva dall'officina della scuola. - ... quattro, cinque, sei... - Quella era invece chiaramente la voce di Teano. Incuriosito Ippaso entrò.
- Ippaso, siediti pure - disse Teano mentre passava l'ultima corda a Trasibulo. Lo schiavo appese quel filamento di intestino di capra vicino agli altre sei. Sette corde ora pendevano dalla trave di una singolare struttura di legno.
- Vedo che l'esperimento con le corde si sta finalmente concretizzando - osservò Ippaso.
- Sì, solo che Pitagora non ha voluto darmi ascolto. Lui sostiene che per riprodurre le consonanze delle incudini si devono usare diverse corde di uguale lunghezza e spessore ed appendere un peso diverso ad ognuna di esse.
- Mi sembra chiaro Teano - intervenne il maestro. - Non capisco perché ti ostini a contraddirmi. Nella bottega di Gerone abbiamo visto che quando un'incudine era il doppio di una e due terzi dell'altra si producevano consonanze. Da cui abbiamo dedotto che i rapporti con i numeri 1, 2 e 3 danno luogo a consonanze. Mentre se i numeri in gioco erano più grandi, come nove e dieci, allora avevamo delle dissonanze. Con questi esperimenti sulle corde vorrei verificare che cosa succede quando si aggiungono altri rapporti con numeri più piccoli di nove, come ad esempio 4/3, 5/4 e 6/5.
- Vedo le corde già disposte, ma non vedo i pesi - osservò Ippaso. - Li avete già fatti forgiare da Gerone?
- No, li ho fatti forgiare da Filippo l'orafo. Serviva un lavoro di precisione non una cosa da fabbri.
- Se ho ben capito il secondo peso dovrebbe essere il doppio del primo, il terzo 3/2 del primo e così via.
- Non esattamente. Il secondo è il doppio del primo ma il terzo è 3/2 del secondo, il quarto è 4/3 del terzo e così via.
- Mi sembra che il risultato non dovrebbe essere molto diverso rispetto a quello che si otterrebbe con i rapporti che dicevo io.
- No, si tratterebbe solo di far vibrare le corde nella sequenza giusta. Con i tuoi rapporti bisognerebbe fra vibrare la prima con la seconda, la prima con la terza, la prima con la quarta e così via. Con i miei rapporti invece si fa vibrare la prima con la seconda, la seconda con la terza, la terza con la quarta e così via. Ho scelto questa sequenza per facilitare il lavoro all'orafo.
Ippaso ci pensò un attimo. - Mi sembra ragionevole - disse. - Così le differenze tra i pesi saranno più grandi. - Poi si volse verso Teano e continuò: - Come mai tu non sei d'accordo?
- Non so, l'intuito mi dice che non funzionerà. Secondo me i pesi dovrebbero essere identici mentre a variare con quei rapporti dovrebbero essere le corde a cui li appendiamo.
- Ma no! - ribatté Pitagora. - Se per le incudini la consonanza dipendeva dalle dimensioni, allora nel nostro esperimento essa dovrebbe dipendere dai rapporti tra i pesi. In ogni caso tra qualche istante saremo in grado di verificarlo. Trasibulo, portami i pesi.
Lo schiavo si avvicinò con un vassoio di legno su cui erano disposti sette cilindri d'argento ordinati dal più piccolo al più grande. La sommità di ogni cilindro era modellata ad occhiello. Il maestro legò ogni cilindro all'estremità inferiore della reciproca corda, facendo attenzione a usare la stessa porzione di corda per ogni nodo; e poi cominciò a far vibrare le corde con un plettro di corno. Pizzicò la prima e poi la seconda corda. C'era qualcosa di strano. Pitagora corrugò la fronte. Fermò la vibrazione della prima corda con un dito e pizzicò la seconda e la terza. Poi ripeté l’operazione con la terza e la quarta, la quarta e la quinta, la quinta e la sesta. Il maestro si fermò. Scosse la testa. No, c'era qualcosa di strano. Il risultato era chiaramente diverso da quello ascoltato nella bottega di Gerone. In quel momento si accorse che sua moglie lo stava guardando con un sorriso beffardo.
…continua…