... segue da Interviste impossibili: Pitagora nella bottega del fabbro (prima parte)
- Allora, le cose andarono così...
Baaam, baaam, boom, biiiim, bääämmm ...
Basta, baasta, baaasta! Smettetela di martellare quelle incudini! Non sopporto questo frastuonooo!!
Aprì gli occhi. Era sudato. Quell’inizio di ecatombeone era più caldo del solito. E da qualche giorno si svegliava con il suono metallico di quei colpi che rimbombavano nelle sue orecchie. Da quando avevano cambiato il loro percorso mattutino per raggiungere la scuola continuava a sognare la scena in cui lui e i suoi allievi preferiti, Eratocle e Filolao, passavano davanti alla bottega di fronte al tempietto di Eracle e le loro voci venivano sopraffatte dal fragore delle martellate di Gerone il fabbro e dei suoi apprendisti.
Si alzò dal letto, si preparò la sua solita maza con miele e riempì la sua coppa di ciceone. Mangiò e bevve con lentezza. Mentre indossava il chitone sentì risuonare nell’aria le voci familiari di Eratocle e Filolao. Indossò anche il pileo e li fece entrare.
- Buongiorno maestro, spero che abbiate trascorso una buona nottata.
- Non esattamente caro Eratocle, non esattamente. E a te Filolao come va la gamba?
- Mi duole ancora maestro. Spero non vi dispiaccia se anche stamani vi chiedo di prendere il percorso lungo.
Pitagora lo guardò con un misto di comprensione e fastidio: - Non mi dispiace - rispose secco.
Uscirono. La giornata era serena ed il solstizio era alle porte. Il sole era già abbastanza alto sull’orizzonte. Una piacevole brezza rendeva il caldo più sopportabile ed increspava la superficie dello Ionio. Si incamminarono verso la scuola. Filolao zoppicava vistosamente. Pur con tutta la buona volontà non ce l’avrebbe proprio fatta ad affrontare la scorciatoia con quella ripida salita e quella scomoda discesa. L’infortunio alla gamba che si era procurato durante l’allenamento con Milone era ancora troppo fresco. Forse avrebbe compromesso la sua partecipazione alla prossima olimpiade.
Nel frattempo avevano svoltato l’angolo e si stavano lentamente avvicinando al tempietto di Eracle.
Mah, alla fine non sarà poi così male rimanere a Crotone con Eratocle e gli altri - tentò di consolarsi Filolao.
Si cominciava ad intravedere in lontananza la tozza figura di Gerone intento a forgiare una spada nella sua bottega. Gerone era il miglior fabbro della città e la sua officina era la più grande di Crotone nonché la più frequentata ed ambita dagli apprendisti.
Man mano che i tre si avvicinavano alla bottega del fabbro il clangore delle martellate si faceva più forte.
Baaam, boom, baaam, boom, biiiim, bääämmm
Eratocle si accorse che il volto del maestro si stava contraendo in una strana smorfia. - Avrà bevuto troppo ciceone? - pensò.
Oramai si trovavano quasi tra il tempietto e la bottega.
Baaam, boom, biiim, baaam, booom, bääämmm
Il maestro si mostrava sempre più inquieto. Inquieto ma concentrato. E tutta la sua attenzione pareva essere rivolta al lavoro di Gerone. Pitagora sembrava letteralmente magnetizzato. Improvvisamente deviò infilandosi nella bottega. Eratocle e Filolao si scambiarono uno sguardo perplesso e lo seguirono disorientati.
Gerone parve molto sorpreso nel vedere il grande Pitagora entrare nella sua bottega. Il fabbro estrasse la spada dal contenitore pieno d’acqua in cui la teneva immersa per temprarla. Ad un osservatore distratto quell'atto sarebbe potuto apparire minaccioso. Ma ad uno sguardo più attento non sarebbe sfuggita l'espressione ammirata di Gerone. Un paio di apprendisti che avevano notato la scena cessarono l'attività, mentre gli altri continuavano a forgiare il metallo a suon di martellate.
- Benvenuto maestro. La mia officina è a vostra disposizione - declamò dignitosamente, ma con una nota di riverenza, Gerone.
Pitagora non vi badò. Il suo volto si era contratto ancora di più. Muoveva in continuazione la testa passando gli occhi da un martellatore all’altro.
Baaam, boom, baaam, booom, biiim, baaam, bääämmm
- Maestro volevate chiedere qualcosa a mastro Gerone? - tentò di esortarlo Eratocle. Pitagora ignorò anche lui.
Ora Eratocle si era accorto che lo sguardo del maestro si era fissato su un gruppetto di tre apprendisti che stavano lavorando con martelli e incudini di dimensioni diverse. La smorfia del maestro stava mutando. Il volto si distendeva e gli occhi si allargavano. D’improvviso Pitagora inarcò le sopracciglia, aprì la bocca e inspirò profondamente: - oh Zeus! - esclamò.
Si avvicinò quindi al più nerboruto dei tre. Tutti gli occhi erano oramai puntati sul maestro. Il giovane apprendista smise di martellare e fu presto imitato da tutti gli altri. La figura del giovane sovrastava quella di Pitagora. Nonostante ciò l'apprendista sembrava a disagio e sorrideva imbarazzato.
- Come vi chiamate ragazzo.
- Cilone, maestro - rispose l'apprendista con voce profonda.
- E voi due? Come vi chiamate?
- Basileios, per servirvi.
- Io sono Corebo, maestro.
- Se non sbaglio, Cilone, la tua incudine e il tuo martello sono più grandi di quelli di Corebo e Basileios.
- Sì maestro, quelli che sto usando sono gli strumenti per forgiare le armature delle ruote dei carri. - rispose Cilone. - A parte quelli di mastro Gerone, sono i più grandi tra quelli che usiamo.
- E quelli di Corebo e Basileios invece per che cosa vengono usati?
- Con l’incudine e il martello di Basileios, che sono poco più piccoli di quelli di Cilone, vengono forgiate le spade - intervenne Gerone - mentre Corebo si sta occupando dei ferri di cavallo. - L’incudine di Corebo è circa la metà di quella di Cilone - aggiunse poi Gerone.
- Cilone, potresti colpire la tua incudine per favore - disse Pitagora.
Cilone guardò il fabbro. Gerone annuì. Cilone sferrò quindi una martellata sulla sua incudine.
baaammm
- Ed ora tu Corebo potresti colpire la tua? - Corebo imitò Cilone.
biiimmmm
- Ed ora insieme!
baaammm
biiimmmm
Pitagora si girò verso i suoi allievi con un sorriso serafico. - Sentite che armonia? - disse con voce calma. - Sentite come si fondono questi suoni? - e poi voltandosi di nuovo verso le incudini: - Sentite che consonanza?
- Sì maestro. Ma perché la cosa vi entusiasma così tanto? - disse Filolao.
Pitagora lo guardò, roteò un po' lo sguardo, si toccò il mento e inspirò.
- Cilone e Basileios! Potreste colpire le vostre incudini contemporaneamente?
Cilone e Basileios colpirono le rispettive incudini.
baaammm
bääämmm
Pitagora si coprì la orecchie con le mani mentre il suo volto si modellava su una smorfia di disgusto.
- Sentite ora invece che fastidioso frastuono!? Sentite che dissonanza!!??
- È vero - osservò Filolao. - Ma da che cosa può dipendere questa differenza? - Rimase pensieroso per un attimo e poi riprese: - Le incudini e i martelli sono dello stesso materiale....
- Forse dalla dimensione dei martelli? - suggerì Eratocle.
- Possiamo fare una prova - disse Pitagora. - Corebo potresti colpire l'incudine di Cilone con il tuo martelletto mentre Basileios complisce la sua incudine con il suo martello?
Corebo raggiunse l'incudine di Cilone.
baaammm
bääämmm
- No! Non dipende dalla dimensione dei martelli - sottolineò Filolao guardando Eratocle. - C’è una differenza nel suono ma il risultato è ugualmente sgradevole.
Pitagora si mosse in direzione del fabbro e disse: - Mastro Gerone, avete un'incudine di dimensione diversa? Cilone ha detto che la vostra è la più grande.
- Sì, la mia è tre volte quella di Corebo.
- Bene! - rispose Pitagora. - Se non vi dispiace, mastro Gerone, potreste colpire la vostra incudine mentre Cilone colpisce la sua? Mastro Gerone e il suo apprendista si scambiarono uno sguardo dubbioso. Assecondarono comunque Pitagora.
booommm
baaammm
- Mmhh… sono di nuovo gradevoli all’orecchio. - commentò tra se e se Filolao. Poi rivolgendosi al maestro: - Quindi che cosa state cercando di dirci che questa cosiddetta consonanza non dipende dai martelli bensì dalle dimensioni delle incudini?
- È una possibile interpretazione, caro Filolao. Ma ora vorrei pregare Corebo di unirsi all'esperimento e colpire la sua incudine insieme a Cilone e mastro Gerone.
I tre esaudirono di nuovo la richiesta di Pitagora.
booommm
baaammm
biiimmm
- Ancora una bella consonanza! - esclamò Eratocle. - Sì, un accordo - ribatté Pitagora.
- Quindi ...
- Allora ...
- ... che conclusioni ...
- ... che cosa se ne può ...
Dissero con enfasi Eratocle e Filolao sovrapponendosi.
- Mi spiace interromper i lor signori - s'inserì Gerone. - Ma entro stasera dovremmo portare a termine una commessa di cento spade. E se non lavoriamo sodo potremmo non farcela. Con tutto il dovuto rispetto vorrei chiedervi...
- Ci scusiamo per la nostra brusca irruzione, mastro Gerone - lo interruppe Pitagora. - Vi salutiamo ringraziandovi per la vostra generosa collaborazione.
- È stato un onore maestro, ma purtroppo gli impegni presi ci impongono certi ritmi di lavoro.
…continua…
- Allora, le cose andarono così...
Baaam, baaam, boom, biiiim, bääämmm ...
Basta, baasta, baaasta! Smettetela di martellare quelle incudini! Non sopporto questo frastuonooo!!
Aprì gli occhi. Era sudato. Quell’inizio di ecatombeone era più caldo del solito. E da qualche giorno si svegliava con il suono metallico di quei colpi che rimbombavano nelle sue orecchie. Da quando avevano cambiato il loro percorso mattutino per raggiungere la scuola continuava a sognare la scena in cui lui e i suoi allievi preferiti, Eratocle e Filolao, passavano davanti alla bottega di fronte al tempietto di Eracle e le loro voci venivano sopraffatte dal fragore delle martellate di Gerone il fabbro e dei suoi apprendisti.
Si alzò dal letto, si preparò la sua solita maza con miele e riempì la sua coppa di ciceone. Mangiò e bevve con lentezza. Mentre indossava il chitone sentì risuonare nell’aria le voci familiari di Eratocle e Filolao. Indossò anche il pileo e li fece entrare.
- Buongiorno maestro, spero che abbiate trascorso una buona nottata.
- Non esattamente caro Eratocle, non esattamente. E a te Filolao come va la gamba?
- Mi duole ancora maestro. Spero non vi dispiaccia se anche stamani vi chiedo di prendere il percorso lungo.
Pitagora lo guardò con un misto di comprensione e fastidio: - Non mi dispiace - rispose secco.
Uscirono. La giornata era serena ed il solstizio era alle porte. Il sole era già abbastanza alto sull’orizzonte. Una piacevole brezza rendeva il caldo più sopportabile ed increspava la superficie dello Ionio. Si incamminarono verso la scuola. Filolao zoppicava vistosamente. Pur con tutta la buona volontà non ce l’avrebbe proprio fatta ad affrontare la scorciatoia con quella ripida salita e quella scomoda discesa. L’infortunio alla gamba che si era procurato durante l’allenamento con Milone era ancora troppo fresco. Forse avrebbe compromesso la sua partecipazione alla prossima olimpiade.
Nel frattempo avevano svoltato l’angolo e si stavano lentamente avvicinando al tempietto di Eracle.
Mah, alla fine non sarà poi così male rimanere a Crotone con Eratocle e gli altri - tentò di consolarsi Filolao.
Si cominciava ad intravedere in lontananza la tozza figura di Gerone intento a forgiare una spada nella sua bottega. Gerone era il miglior fabbro della città e la sua officina era la più grande di Crotone nonché la più frequentata ed ambita dagli apprendisti.
Man mano che i tre si avvicinavano alla bottega del fabbro il clangore delle martellate si faceva più forte.
Baaam, boom, baaam, boom, biiiim, bääämmm
Eratocle si accorse che il volto del maestro si stava contraendo in una strana smorfia. - Avrà bevuto troppo ciceone? - pensò.
Oramai si trovavano quasi tra il tempietto e la bottega.
Baaam, boom, biiim, baaam, booom, bääämmm
Il maestro si mostrava sempre più inquieto. Inquieto ma concentrato. E tutta la sua attenzione pareva essere rivolta al lavoro di Gerone. Pitagora sembrava letteralmente magnetizzato. Improvvisamente deviò infilandosi nella bottega. Eratocle e Filolao si scambiarono uno sguardo perplesso e lo seguirono disorientati.
Gerone parve molto sorpreso nel vedere il grande Pitagora entrare nella sua bottega. Il fabbro estrasse la spada dal contenitore pieno d’acqua in cui la teneva immersa per temprarla. Ad un osservatore distratto quell'atto sarebbe potuto apparire minaccioso. Ma ad uno sguardo più attento non sarebbe sfuggita l'espressione ammirata di Gerone. Un paio di apprendisti che avevano notato la scena cessarono l'attività, mentre gli altri continuavano a forgiare il metallo a suon di martellate.
- Benvenuto maestro. La mia officina è a vostra disposizione - declamò dignitosamente, ma con una nota di riverenza, Gerone.
Pitagora non vi badò. Il suo volto si era contratto ancora di più. Muoveva in continuazione la testa passando gli occhi da un martellatore all’altro.
Baaam, boom, baaam, booom, biiim, baaam, bääämmm
- Maestro volevate chiedere qualcosa a mastro Gerone? - tentò di esortarlo Eratocle. Pitagora ignorò anche lui.
Ora Eratocle si era accorto che lo sguardo del maestro si era fissato su un gruppetto di tre apprendisti che stavano lavorando con martelli e incudini di dimensioni diverse. La smorfia del maestro stava mutando. Il volto si distendeva e gli occhi si allargavano. D’improvviso Pitagora inarcò le sopracciglia, aprì la bocca e inspirò profondamente: - oh Zeus! - esclamò.
Si avvicinò quindi al più nerboruto dei tre. Tutti gli occhi erano oramai puntati sul maestro. Il giovane apprendista smise di martellare e fu presto imitato da tutti gli altri. La figura del giovane sovrastava quella di Pitagora. Nonostante ciò l'apprendista sembrava a disagio e sorrideva imbarazzato.
- Come vi chiamate ragazzo.
- Cilone, maestro - rispose l'apprendista con voce profonda.
- E voi due? Come vi chiamate?
- Basileios, per servirvi.
- Io sono Corebo, maestro.
- Se non sbaglio, Cilone, la tua incudine e il tuo martello sono più grandi di quelli di Corebo e Basileios.
- Sì maestro, quelli che sto usando sono gli strumenti per forgiare le armature delle ruote dei carri. - rispose Cilone. - A parte quelli di mastro Gerone, sono i più grandi tra quelli che usiamo.
- E quelli di Corebo e Basileios invece per che cosa vengono usati?
- Con l’incudine e il martello di Basileios, che sono poco più piccoli di quelli di Cilone, vengono forgiate le spade - intervenne Gerone - mentre Corebo si sta occupando dei ferri di cavallo. - L’incudine di Corebo è circa la metà di quella di Cilone - aggiunse poi Gerone.
- Cilone, potresti colpire la tua incudine per favore - disse Pitagora.
Cilone guardò il fabbro. Gerone annuì. Cilone sferrò quindi una martellata sulla sua incudine.
baaammm
- Ed ora tu Corebo potresti colpire la tua? - Corebo imitò Cilone.
biiimmmm
- Ed ora insieme!
baaammm
biiimmmm
Pitagora si girò verso i suoi allievi con un sorriso serafico. - Sentite che armonia? - disse con voce calma. - Sentite come si fondono questi suoni? - e poi voltandosi di nuovo verso le incudini: - Sentite che consonanza?
- Sì maestro. Ma perché la cosa vi entusiasma così tanto? - disse Filolao.
Pitagora lo guardò, roteò un po' lo sguardo, si toccò il mento e inspirò.
- Cilone e Basileios! Potreste colpire le vostre incudini contemporaneamente?
Cilone e Basileios colpirono le rispettive incudini.
baaammm
bääämmm
Pitagora si coprì la orecchie con le mani mentre il suo volto si modellava su una smorfia di disgusto.
- Sentite ora invece che fastidioso frastuono!? Sentite che dissonanza!!??
- È vero - osservò Filolao. - Ma da che cosa può dipendere questa differenza? - Rimase pensieroso per un attimo e poi riprese: - Le incudini e i martelli sono dello stesso materiale....
- Forse dalla dimensione dei martelli? - suggerì Eratocle.
- Possiamo fare una prova - disse Pitagora. - Corebo potresti colpire l'incudine di Cilone con il tuo martelletto mentre Basileios complisce la sua incudine con il suo martello?
Corebo raggiunse l'incudine di Cilone.
baaammm
bääämmm
- No! Non dipende dalla dimensione dei martelli - sottolineò Filolao guardando Eratocle. - C’è una differenza nel suono ma il risultato è ugualmente sgradevole.
Pitagora si mosse in direzione del fabbro e disse: - Mastro Gerone, avete un'incudine di dimensione diversa? Cilone ha detto che la vostra è la più grande.
- Sì, la mia è tre volte quella di Corebo.
- Bene! - rispose Pitagora. - Se non vi dispiace, mastro Gerone, potreste colpire la vostra incudine mentre Cilone colpisce la sua? Mastro Gerone e il suo apprendista si scambiarono uno sguardo dubbioso. Assecondarono comunque Pitagora.
booommm
baaammm
- Mmhh… sono di nuovo gradevoli all’orecchio. - commentò tra se e se Filolao. Poi rivolgendosi al maestro: - Quindi che cosa state cercando di dirci che questa cosiddetta consonanza non dipende dai martelli bensì dalle dimensioni delle incudini?
- È una possibile interpretazione, caro Filolao. Ma ora vorrei pregare Corebo di unirsi all'esperimento e colpire la sua incudine insieme a Cilone e mastro Gerone.
I tre esaudirono di nuovo la richiesta di Pitagora.
booommm
baaammm
biiimmm
- Ancora una bella consonanza! - esclamò Eratocle. - Sì, un accordo - ribatté Pitagora.
- Quindi ...
- Allora ...
- ... che conclusioni ...
- ... che cosa se ne può ...
Dissero con enfasi Eratocle e Filolao sovrapponendosi.
- Mi spiace interromper i lor signori - s'inserì Gerone. - Ma entro stasera dovremmo portare a termine una commessa di cento spade. E se non lavoriamo sodo potremmo non farcela. Con tutto il dovuto rispetto vorrei chiedervi...
- Ci scusiamo per la nostra brusca irruzione, mastro Gerone - lo interruppe Pitagora. - Vi salutiamo ringraziandovi per la vostra generosa collaborazione.
- È stato un onore maestro, ma purtroppo gli impegni presi ci impongono certi ritmi di lavoro.
…continua…