Continua da Pitagora e dintorni: Maieutica e duplicazione del quadrato - seconda parte
«Allora», riprese
Teeteto, «proviamo a disegnare daccapo questi quattro quadrati», disse mentre
tracciava una copia semplificata del precedente schema. «E ora aggiungiamo quattro
linee da angolo ad angolo di ognuno dei quattro quadrati piccoli».
«Adesso dimmi: queste quattro linee non tagliano in due ognuna di queste quattro aree?».
«Sì, mi sembra che le tagliano in due».
«E questi quattro
lati uguali che figura formano?», chiese Teeteto mentre muoveva il bastoncino
circolarmente lungo il perimetro della nuova figura interna.
«Non capisco la
domanda, signore».
«Non si chiama
quadrato la figura con quattro lati uguali?».
«Certo, signore».
«Quanto è grande,
allora, l’area di questo quadrato interno?».
«Non lo so», scosse
la testa Menone.
«Rifletti», lo
spronò Teeteto. «Non abbiamo detto che ogni linea ha diviso a metà questi
quattro quadrati piccoli?».
«Sì».
«Ricordi quanto
misurava l’area di quei quadrati piccoli, che poi erano una copia del quadrato
iniziale?».
«Quattro piedi,
signore».
«Quanto
misureranno, dunque, quelle metà?».
«Due piedi».
«E quante di queste
metà riempiono l’interno di questo nuovo quadrato obliquo?».
«Quattro, signore».
«L’area di quel
quadrato non misurerà allora quattro volte due piedi?».
«Certo… otto piedi…
ma allora è questo!», gridò Menone dopo averci pensato un istante. «È questo il
quadrato di area doppia che cercavamo!», esultò guardando gioioso Teeteto ed
Eudosso.
Come uno specchio
deformante, il volto di Teeteto trasformò il sorriso d’entusiasmo in un ghigno
di rivalsa e lo proiettò verso Eudosso.
«Sapresti indicarmi
qual è il lato di quel quadrato?», intervenne Platone.
«Questo, signore»,
rispose Menone avvicinando il dito a una delle quattro linee oblique.
«Cioè la linea tesa da angolo ad angolo dell’area di quattro piedi?».
«Sì, quella».
«Sappi che quella
linea si chiama diagonale del quadrato. Dunque abbiamo appurato che la
diagonale di un quadrato genera un quadrato di area doppia rispetto al quadrato
iniziale, giusto?».
«Giusto».
«Ora dimmi se non abbiamo
assistito a un prodigio», chiese Platone rivolgendosi a Eudosso. «Trovi che
qualche opinione espressa da Menone non fosse sua?».
«No», rispose
Eudosso, «ma…».
«Ma?», replicò
Teeteto con un tono di sfida.
«Sei stato tu a
tracciare le diagonali. Lui, da solo, non ci sarebbe mai arrivato».
«Questa è l'arte
della maieutica!», sentenziò Platone. «Prevede la presenza di una guida. O,
come preferiva dire Socrate, di una levatrice che agevoli la rinascita delle
idee che giacciono dormienti nel profondo dell’anima. L’anima è immortale e
rinasce più volte. E nel suo lungo ciclo di reincarnazioni ha già visto tutto,
sia nel mondo dei vivi sia nell’Ade. E non c’è niente che essa non abbia già
imparato. Non dovremmo dunque meravigliarci se è capace di ricordare ciò che
già sapeva».
Eudosso contemplava il maestro. Ora la sua barba era quasi totalmente
imbiancata dai fiocchi di neve che cadevano più intensi. «Il metodo di Socrate
prevede domande e risposte tra maestro e allievo, e procede per eliminazione
delle risposte contraddittorie o irragionevoli. E può far anche emergere
l’infondatezza di verità che diamo per scontate, declassificandole al loro vero
ruolo di opinioni. È così che l'allievo viene indotto ad accorgersi della
propria ignoranza e a discernere le verità dalle false presunzioni».
«Sì, ma le
diagonali…», ribadì Eudosso con gli occhi che tradivano un barlume di
incertezza.
«Il suggerimento di
Teeteto sulle diagonali rientra perfettamente nel metodo della maieutica»,
dichiarò Platone apodittico.
Il giovane tacque.
Osservò un nuovo scambio di sguardi tra Platone e Teeteto. Si rese conto che
non era più il caso di insistere su quella linea.
«Ho capito», disse
infine abbassando la testa.
«Bene», disse il
maestro scrollandosi un po’ di neve dalla barba. «Credo che sia arrivato il
momento di rientrare a casa».
In quel momento Eudosso non immaginava quanto quella conversazione avrebbe influenzato il suo futuro.