Atene, gennaio 386 a.C.
...«E ora sta’ a vedere come ricorderà le cose che deve ricordare», disse Teeteto in tono di sfida. «Dimmi, Menone», riprese, «tu dici che dal lato doppio si genera l’area doppia, ma avere il lato doppio non significa che raddoppiamo solo uno dei quattro lati, significa che li raddoppiamo tutti e quattro, perché la figura risultante dovrà essere ancora un quadrato. Pensaci bene, a tuo parere, l’area di otto piedi risulterà dal lato di quattro piedi?».
«A me…», rispose Menone dopo qualche istante «sembra così», concluse sempre più intimorito mentre Eudosso reprimeva una risata sotto lo sguardo severo di Platone.
«Allora», fece Teeteto paziente aspirando profondamente, «aggiungiamo una linea della stessa lunghezza del lato a partire da qui», continuò mentre tracciava la linea a partire da un vertice del quadrato.
«Che lunghezza avrà la linea risultante formata dalle due linee?»
«Beh, il doppio»
«Bravo», disse Teeteto. Un lieve sorriso allentò un po’ di tensione dal volto di Menone. «Dunque è dal quadrato che ha questa linea per lato che tu pensi risulterà l’area di otto piedi?», chiese Teeteto muovendo il bastoncino lungo il lato raddoppiato.
«A me… pare così», confermò il ragazzo di nuovo titubante.
L’occhiata preventiva di Platone frenò ogni possibile espressione di Eudosso.
«Tracciamo dunque quattro lati uguali a partire dal lato raddoppiato», disse Teeteto disegnando il quadrato di lato quattro piedi.
«E vedi che quest’area è composta da questi quattro quadrati, ognuno dei quali è uguale a quello iniziale di area quattro piedi?», chiese Teeteto raddoppiando anche gli
altri due lati del quadrato piccolo.
«Sì, lo vedo».
«Dunque l’area totale non è il quadruplo di quella iniziale?».
«Sicuramente!».
«Ma prima avevi detto che quest’area era il suo doppio. Allora il doppio è uguale al quadruplo?».
«No, per Zeus! Mi sbagliavo», si affrettò a dire Menone. «È il quadruplo non il doppio». Il volto di Eudosso si contrasse.
«Quindi abbiamo appurato che dal lato doppio risulta un’area non doppia ma quadrupla», sottolineò Teeteto lanciando uno ghigno verso Eudosso.
«È vero!», ammise il ragazzo rincuorato.
«E quattro volte quattro fa sedici, no?», continuò Teeteto.
«Sì».
«Ma allora, da quale lato risulta, invece, un’area di otto piedi?» Menone lo guardava pensoso. «Non risulterà da un lato maggiore di questo e da un lato minore di quest’altro?», chiese Teeteto passando il bastoncino sul lato di due piedi e poi su quello di quattro.
«Beh… mi sembra di sì».
«E quindi non è vero che l’area di otto piedi dovrà essere compresa tra queste due aree?», incalzò Teeteto muovendo il bastoncino sul primo quadrato piccolo e poi su quello grande.
«Certo che è vero!», rispose convinto il ragazzo.
«Prova, allora, a dire quanto potrebbe essere lungo il lato di quel quadrato», lo sollecitò.
«Uhm», fece Menone. «Forse tre piedi?».
Eudosso scosse la testa. “Non troverà mai la risposta giusta “, pensò. Ma, visto l’atteggiamento del maestro, si guardò bene dall’esprimere quel pensiero.
«Allora», sospirò Teeteto. «Se quel lato fosse di tre piedi, lo costruiremmo aggiungendo un piede al lato di due piedi, giusto?».
«Giusto».
Teeteto tracciò una linea più marcata lunga tre piedi, scrisse un tre e costruì il corrispondente quadrato.
«Ah!» esclamò Menone schiaffeggiandosi la fronte. «Quel lato non può essere lungo tre piedi, perché l’area del quadrato che avete tracciato misura tre volte tre. Quindi nove e non otto».
Teeteto lanciò un nuovo sorrisino in direzione di Eudosso.
«Ma quanto misura allora questo maledetto lato!», starnazzò Eudosso spazientito.
«Non lo so, per Zeus! Non lo so!», fece Menone sconfortato. «Fa freddo! Lasciatemi tornare al lavoro».
«Calma, non scoraggiarti», disse Teeteto mentre Platone rimproverava nuovamente Eudosso.
«Vedi Eudosso», aggiunse poi Platone, «quanto stiamo osservando è un percorso in cui il giovane Menone acquista man mano la consapevolezza di ciò che crede di sapere e ciò che crede di non sapere e, al contempo, si riconnette con i suoi ricordi». La neve ricominciò a scendere rada dal cielo e qualche fiocco si posò sulla barba del maestro amplificandone le striature bianche.
«Uhm», muggì l’allievo.
«Non credi che abbia fatto progressi nel passare tra il pensare di sapere quale sia la lunghezza del lato di un quadrato di otto piedi di area ed essere consapevole di non saperlo?».
«Sì», ammise Eudosso.
«Allora», riprese Teeteto, «proviamo a disegnare daccapo questi quattro quadrati», disse mentre tracciava una copia semplificata del precedente schema. «E ora aggiungiamo quattro linee da angolo ad angolo di ognuno dei quattro quadrati piccoli».
Teeteto lanciò un nuovo sorrisino in direzione di Eudosso.
«Ma quanto misura allora questo maledetto lato!», starnazzò Eudosso spazientito.
«Non lo so, per Zeus! Non lo so!», fece Menone sconfortato. «Fa freddo! Lasciatemi tornare al lavoro».
«Calma, non scoraggiarti», disse Teeteto mentre Platone rimproverava nuovamente Eudosso.
«Vedi Eudosso», aggiunse poi Platone, «quanto stiamo osservando è un percorso in cui il giovane Menone acquista man mano la consapevolezza di ciò che crede di sapere e ciò che crede di non sapere e, al contempo, si riconnette con i suoi ricordi». La neve ricominciò a scendere rada dal cielo e qualche fiocco si posò sulla barba del maestro amplificandone le striature bianche.
«Uhm», muggì l’allievo.
«Non credi che abbia fatto progressi nel passare tra il pensare di sapere quale sia la lunghezza del lato di un quadrato di otto piedi di area ed essere consapevole di non saperlo?».
«Sì», ammise Eudosso.
«Allora», riprese Teeteto, «proviamo a disegnare daccapo questi quattro quadrati», disse mentre tracciava una copia semplificata del precedente schema. «E ora aggiungiamo quattro linee da angolo ad angolo di ognuno dei quattro quadrati piccoli».
Continua …
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