Nel secondo capitolo del suo libro, Matematica in movimento. Come cambiano le dimostrazioni, Gabriele Lolli esplora il concetto di platonismo matematico. Cioè, di quella visione, “abbracciata dalla maggioranza dei matematici” che postula “l’esistenza di un mondo di oggetti ideali che contiene tutti gli oggetti e le funzioni della matematica”. Mi trovo molto d'accordo con le conclusioni di Lolli sul platonismo assoluto. Ho sempre avuto l'impressione che proponesse una prospettiva mistica dell'ontologia della matematica.
"Nel 1935, Paul Bernays (1891-1995), prezioso collaboratore di Hilbert nelle ricerche logiche, ha reso attuale il termine di “platonismo matematico”, definendo gli oggetti matematici come “distaccati da ogni legame con il soggetto riflettente”, senza affrontare né considerare le difficoltà logiche e gnoseologiche di una simile condizione. Nemmeno noi le affrontiamo perché la discussione sarebbe infinita. Il teorema di Pitagora, per fare un esempio, era noto in tutte le civiltà antiche, non solo mediterranee, anche indiane e cinesi; un segno dell’esistenza distaccata del triangolo rettangolo? eppure le dimostrazioni tramandate sono tutte diverse, pur se tutte di tipo geometrico; un segno che le rappresentazioni mentali connesse al triangolo rettangolo in ogni civiltà non coincidevano?
Secondo Bernays “l’applicazione [del platonismo alla matematica] è così diffusa che non è esagerato dire che il platonismo oggi regna sovrano in matematica”. Tuttavia, se si va avanti a leggere, Bernays parla del platonismo matematico come di una concezione “quasi-combinatoria” dei concetti di insieme, successione, funzione, e con questo intende alludere all’estensione all’infinito, per analogia, delle manipolazioni sugli insiemi finiti; Bernays chiama “platonismo ristretto” tale “proiezione ideale di un dominio di pensiero”; invece “l’esistenza di un mondo di oggetti ideali che contiene tutti gli oggetti e le funzioni della matematica” lo denota “platonismo assoluto” e non nasconde che non supera la prova delle antinomie. Comunque l’immagine del mito, che è evocata dalla semplice menzione del platonismo, abbracciato dalla maggioranza dei matematici, che si riferiscono a quello “assoluto”, è passata nella cultura, trasmessa nella scuola, si è trasformata in un luogo comune. Nella scuola è inevitabile all’inizio usare una terminologia realista, parlare di verità delle relazioni numeriche, e di numeri come esistenti utilizzandoli in esperienze concrete empiriche o costruttive, dalle quali sono estrapolati e quasi personificati come oggetti; quando poi si introducono concetti più astratti, il linguaggio e la disposizione mentale realistica sono destinati a permanere. Parlare allora di come cambia la natura della dimostrazione in matematica richiede come preliminare che l’interlocutore entri nella disposizione ad accettare la possibilità di un cambiamento in un edificio che quasi certamente è abituato a considerare come monolitico e stabile per eccellenza."