Giovanni Cerri et al., Dall'universo-blocco all'atomo nella scuola di Elea: Parmenide, Zenone, Leucippo, a cura di Massimo Pulpito e Sofia Ranzato, Academia
Seconda parte
Il dibattito sulla natura dell’ente parmenideo si divide ancora oggi tra interpretazione corporeista e interpretazione idealista. A favore della prima, Cerri cita sia il primo naturalismo greco, sia, più specificamente, l’operazione compiuta dal successore di Parmenide: Zenone.
Infatti, afferma Cerri, se si pensa ai paradossi di Zenone, ci si accorge che essi non sono accomunabili agli altri paradossi proposti dalla filosofia greca. Il ‘paradosso del mentitore' e il ‘dilemma del coccodrillo', tanto per citare due celebri esempi, sono di tipo puramente logico-linguistico. Mentre i paradossi di Zenone riguardano la grandezza, il numero e lo spostamento dei corpi nello spazio. Sono quindi rivolti alla fisica e alla cosmologia, piuttosto che alla dialettica. Cerri afferma inoltre che “i paradossi non costituiscono argomentazioni contro il movimento, ma ragionamenti contro il molteplice inteso come parcellizzazione spazio-temporale.
Nei quattro argomenti di Zenone, infatti, la divisione dello spazio e del tempo ad infinitum implica la negazione del moto, affermazione che appare invece assurda almeno a livello fenomenico”. Lo studioso fornisce quindi una riformulazione dei ragionamenti di Zenone sul moto secondo la sua interpretazione:
“La dicotomia dello spazio - se le divisioni dello spazio che ci sembrano oggettive lo fossero veramente e avessero consistenza reale, un corridore al blocco di partenza, ricevuto il segnale, non potrebbe nemmeno muovere il primo passo e resterebbe con una delle due gambe sospesa in aria: infatti, prima di compiere il primo passo, dovrebbe fare mezzo passo; ma prima del mezzo passo, dovrebbe fare un quarto di passo; e così via all’infinito. Siccome invece la dicotomia dello spazio è immaginaria, non reale, e lo spazio è un continuo indiviso, il corridore può compiere tranquillamente il primo passo e tutti successivi, sotto gli occhi degli spettatori, che lo vedono correre effettivamente”.
Tra gli argomenti adottati da Zeller a favore della corporeità dell’ente parmenideo vi era anche la testimonianza degli immediati successori di Parmenide, tra cui Zeller e Burnet, includono gli atomisti, e, in particolare, Leucippo e Democrito. Questi ultimi, infatti, “con evidente riferimento alla dottrina parmenidea, identificano l'essere con il corpo e il non-essere con lo spazio vuoto …a differenza della fisica moderna che considera il vuoto diverso dal nulla. … Proprio il probabile iniziatore della corrente degli atomisti, Leucippo, pare possa essere indicato come punto di congiunzione con gli Eleati, giacché le fonti lo presentano come allievo di Zenone”.
Cerri tenta, infatti, di dimostrare che “il legame tra eleatismo e atomismo affonda le sue radici in un rapporto personale di Leucippo con la scuola eleatica. Molte fonti, infatti, collegano questo pensatore alla città di Elea e confermano l'idea di una successione filosofica che arriva fino a Democrito”. E sostiene che “mentre la dottrina atomista si pone a fondamento della fisica moderna e dei suoi sviluppi fino al primo quarto del Novecento, il pensiero parmenideo sembra anticipare le scoperte della fisica subatomica e dell'astrofisica contemporanee”.
Secondo Cerri, inoltre, “L'aporia di Parmenide consiste nel considerare i fenomeni percepiti dai sensi come un frutto gratuito dell'immaginazione umana ma, allo stesso tempo, nel considerarli scientificamente validi nella progressiva reductio ad unum. Ed è proprio per affermare la realtà oggettiva dei fenomeni e risolvere questa aporia eleatica, che Leucippo formulerà la sua teoria atomistica… nel sostenere che gli atomi sono principi intellegibili con caratteri necessari, ma, ammettendo l'esistenza del ‘non essere', assolutamente negata da Parmenide e dai suoi seguaci“.
È molto interessante anche l’interpretazione che Cerri esprime rispondendo a Massimo Pulpito: “sia per Parmenide, che per Zenone, la realtà dell'Essere immutabile, continuo ed omogeneo non può essere segmentata né in una pluralità spaziale che distingue un ‘qui‘ e un ‘lì', né in una temporale che ammette un ‘prima', un ‘adesso' e un ‘dopo'. Tali distinzioni sono ammissibili solo in una prospettiva soggettiva e, pertanto, opinabile, confinata alla dimensione della doxa. In questa prospettiva, la raffinata astronomia matematizzata di Parmenide si colloca all'interno di un sapere doxastico-scientifico, evoluto in direzione del più verosimile, ma non ancora in grado di attingere la verità ultima. In sostanza, dunque, per Cerri i paradossi zenoniani comunemente intesi come finalizzati a dimostrare l'impossibilità del moto intendevano in realtà dimostrare l'impossibilità della molteplicità”.
Relativamente all’astronomia matematizzata di Parmenide, Cerri afferma: “Se teniamo conto di tutte le notizie in nostro possesso su certi contenuti del poema di Parmenide, non possiamo mettere in dubbio che vi fosse esposta una mappa celeste estremamente avanzata per i suoi tempi, certo a prescindere dall’impostazione geocentrica, non eliocentrica… All’interno di questo sistema, spiccano tre scoperte recenti per cui … non siamo in grado di determinare se siano state fatte da Parmenide stesso o pochi decenni prima da Pitagora e dalla sua scuola:
1) la Terra ha forma sferica, non piatta, come si era creduto fino ad allora;
2) la Luna, quando splende è illuminata dal Sole, e le sue fasi risultano spiegabili pienamente col mutare della posizione reciproca di Sole-Terra-Luna nello spazio;
3) Espero e Lucifero non sono due astri, ma un solo e stesso astro, che merita un nome unico e nuovo, Afrodite.
Tutte queste tesi presuppongono una ricerca scientifica lunga e laboriosa, nella quale possiamo distinguere due componenti. Una di rilevazione sperimentale: deve essere stato necessario redigere una descrizione diaristica, prolungata per anni, della mappa celeste, ora per ora e giorno per giorno, per quanto riguarda il Sole, notte per notte, per quanto riguarda gli altri astri. E una componente matematico-geometrica: ipotesi geometriche verificate e corrette costantemente attraverso il calcolo matematico. … In particolare due delle scoperte sopra menzionate avevano esito in enunciati direttamente imperniati sulla copula ἐστί: la luce della Luna «è» la luce del Sole; Espero «è» Lucifero … una dichiarazione di eguaglianza, che noi siamo soliti rappresentare col segno di ‘eguale’ (=) … Parallelamente, il «non è» rinvia alla diseguaglianza implicita nell’accettazione di una cosa come irriducibilmente diversa dalle altre. Certo anche lo scienziato è ben lontano dall’aver superato tutte le diversità in identità superiori, ma sa che ciò è dovuto alla parzialità delle sue conoscenze e che lo sviluppo futuro della ricerca porterà a sempre nuove identificazioni: quindi punta senza posa all’identificazione, all’enunciato imperniato sull’«è». Chi invece si ferma al «non è», ritenendo anzi di progredire sulla via della conoscenza registrando le diversità, si rassegna senza saperlo, a non capire nulla della realtà che lo circonda; spinto da una curiosità vana, continuerà a registrare e memorizzare dati che non sarà mai in grado di elaborare”.
Per fugare possibili dubbi Cerri chiarisce anche che la sua interpretazione non implica che Parmenide prevedesse che la scienza del futuro avrebbe dimostrato l’identità di sole e luna. Cerri si dice invece certo che Parmenide prevedesse un’evoluzione della scienza futura verso un modello in cui “tutti i fenomeni, e quindi anche sole e luna, sono frutto di immaginazione artificiosa dell’uomo, e che la realtà è un tutt’uno continuo, indistinto e immutabile. Una posizione in certo senso analoga a quella di molti fisici contemporanei e alla loro attesa quasi messianica della cosiddetta ‘teoria M’. Di una teoria che unifichi in sé le teorie, per ora diverse ed eterogenee, dell’attrazione magnetica, dell’attrazione infra-atomica e dell’attrazione gravitazionale. Di una teoria unica, in grado di spiegare tutte le cose e tutti i fenomeni con un’unica formula fisica. Il che è né più né meno che aspettarsi che la realtà, mentre nell’opinione comune degli uomini appare infinitamente varia e molteplice, sia in se stessa un fenomeno assolutamente unico, unitario, escludente qualsiasi altro fenomeno o sub-fenomeno non riducibile a se stesso”.
In un paragone tra Parmenide e gli altri presocratici Cerri asserisce che l’eleate “riteneva che solo l’Ente fosse vero e reale; e che gli enti fossero invece parvenze-opinioni, finzioni create dagli uomini… Ma queste stesse parvenze irreali, costituendo l’esperienza umana di partenza, potevano e dovevano divenire strumento attraverso cui l’intelletto scientifico fosse in grado di ricostruire, passo dopo passo, l’unità del tutto. Le unificazioni scientifiche parziali e provvisorie, matematiche, geometriche, astronomiche, ecc., erano la via necessaria per giungere all’unificazione totale e ultimativa. Perciò Parmenide non può fare a meno di esporle meticolosamente nella seconda parte del poema, che gli antichi presero a intitolare convenzionalmente Doxa, in opposizione alla prima parte, da loro intitolata Aletheia. … La scienza si muove ancora, e continuerà per lungo tempo a muoversi tra gli enti-parvenze-opinioni umane. Le supera a poco a poco in enti-parvenze-opinioni sempre più raffinate, perché più astratte, e perciò più unificanti delle precedenti, dunque sempre più verosimili e sempre meno false. Nel corso stesso di questo lungo cammino, ad un certo punto intuisce la verità-realtà dell’Ente totale e unitario”.
In un paragone tra Parmenide e gli altri presocratici Cerri asserisce che l’eleate “riteneva che solo l’Ente fosse vero e reale; e che gli enti fossero invece parvenze-opinioni, finzioni create dagli uomini… Ma queste stesse parvenze irreali, costituendo l’esperienza umana di partenza, potevano e dovevano divenire strumento attraverso cui l’intelletto scientifico fosse in grado di ricostruire, passo dopo passo, l’unità del tutto. Le unificazioni scientifiche parziali e provvisorie, matematiche, geometriche, astronomiche, ecc., erano la via necessaria per giungere all’unificazione totale e ultimativa. Perciò Parmenide non può fare a meno di esporle meticolosamente nella seconda parte del poema, che gli antichi presero a intitolare convenzionalmente Doxa, in opposizione alla prima parte, da loro intitolata Aletheia. … La scienza si muove ancora, e continuerà per lungo tempo a muoversi tra gli enti-parvenze-opinioni umane. Le supera a poco a poco in enti-parvenze-opinioni sempre più raffinate, perché più astratte, e perciò più unificanti delle precedenti, dunque sempre più verosimili e sempre meno false. Nel corso stesso di questo lungo cammino, ad un certo punto intuisce la verità-realtà dell’Ente totale e unitario”.
3 commenti:
Copio conversazione avuta (con persona reale) su FB.
Francesco
Caro Dioniso Dionisi mi trovo in consonanza con la sua visione e le segnalo un ulteriore elemento specifico a supporto delle sue tesi, https://scienzapertutti.infn.it/.../4215-appunti-e... (cap. 1 specie nota a pie' di pagina numero 3)
Appunti e riflessioni sulla scienza greca
SCIENZAPERTUTTI.INFN.IT
Dioniso Dionisi
Caro Francesco, ho letto. Si riferisce alla scoperta della forma della Terra, giusto? È proprio una delle tesi principali di Cerri. Non so se ha letto la prima parte.
Francesco
Si si avevo letto e apprezzo moltissimo le tre tesi specifiche, e ancora di più il sottolineare la responsabilità di Hegel per la lettura di Parmenide che ci viene come regola imposta.
Mi riferisco naturalmente alla vulgata che lo presenta come un ostinato negatore della realtà, anziché uno scopritore /latore/cantore di nuova conoscenza. Il problema dell'essere per tutti i primi filosofi è il problema della realtà e di cosa ne possiamo sapere, una impostazione da cui germoglierà anche la scienza, prezioso frutto della cultura greca.
L'esperienza che mi ha fatto rendere conto dell'effetto di quegli occhiali distorcenti, o meglio di quella lettura a senso unico di Parmenide, è stato leggere quello che scrive Diogene Laerzio.
Ero un po' sconcertato che lo stesso Enriques, che smonta certe tesi (o almeno ci prova), abbia riconosciuto solo l'atteggiamento razionalista in Parmenide e non il valore di acquisizioni astronomiche come quelle di cui stiamo ragionando.
Credo che certe barriere nella conoscenza abbiano radici filosofiche, e sarebbe utile parlarne.
Grazie per avermi permesso di conoscere il pensiero di Giovanni Cerri e in bocca al lupo per il suo libro!
Dioniso Dionisi
Grazie mille! Seguirà anche almeno una terza parte sul pensiero di Cerri. E poi altre sintesi di letture sul pensiero d gli eleati.
Francesco
PS sopra mi riferivo al Compendio di Enriques e de Santillana che certo conoscerà ma è così bello che colgo l'occasione per menzionarlo. L'unico suo serio limite, capisco e condivido l'importanza del pensiero matematico ma credo che qua e là ci siano delle esagerazioni. Mi ritrovo nelle tesi di Lucio Russo, anche se sono dell'opinione che certe impostazioni siano precedenti all'ellenismo
Dioniso Dionisi
Quali, ad esempio?
Francesco
Per l'appunto quelle della scuola pitagorica e gran parte del cosiddetto periodo presocratico, e certo dei pluralisti. Le cose che ho riassunto in quel quaderno di appunti che le ho segnalato sopra.
Convengo con Russo che sia giusto parlare solo in seguito di una civiltà scientifica a pieno titolo, ma vedo l'impulso verso quegli sviluppi già dall'inizio.
Forse parlerei piuttosto di un allontanamento da questo tipo di approcci con Atene. Magari è una esagerazione, ma è utile per compensare il modo in cui ci presentano il pensiero greco, esattamente opposto: ad Atene c'è il meglio, prima sono troppo ingenui e dopo si corrompono.
Dioniso Dionisi
Mi trovo d'accordo. E mi scuso perché avevo frainteso il suo coommento precedente. Lei aveva scritto "precedenti all'ellenismo" e io avevo erroneamente interpretato "precedenti alla civiltà greca".
Rispondi11 h
Francesco
Invece, riguardo alle esagerazioni, mi riferisco ad esempio al fatto che non spenda parole sulla relatività o sulla moderna teoria atomica. Il libro è della fine degli anni 30! Oppure nel fatto di non riconoscere appieno che la storia della tecnologia è intrecciata con quella della conoscenza, sin dai tempi più antichi. (Penso alla metallurgia, all' architettura, alle tecnologie agricole e alimentari, ecc)
In questi aspetti, Enriques sembra aver subito l'influsso del (neo)idealismo, tant'è che cita Croce, come fosse rilevante per le evoluzioni della scienza, e non uno dei padroncini dell'asfittico panorama culturale italiano di quegli anni.
Scelta che, inutile ribadirlo, trovo frutto di una mancanza di prospettiva!!!
Dioniso Dionisi
Parlando di esagerazioni mi è venuto in mente un altro articolo che ho letto sempre per approfondire il tema trattato nel mio libro e che forse sintetizzerò in un altro post.
http://www.cartesio-episteme.net/ep8/ep8-zeno.htm
I paradossi di Zenone sul movimento e il dualismo spazio-tempo
Se dovesse leggerlo mi interesserebbe conoscere la sua impressione.
In questa sua ricostruzione ci sono molti aspetti che, filosoficamente, non tornano. Il problema principale nasce da questa frase da lei riportata: "E sostiene che mentre la dottrina atomista si pone a fondamento della fisica moderna e dei suoi sviluppi fino al primo quarto del Novecento, il pensiero parmenideo sembra anticipare le scoperte della fisica subatomica e dell'astrofisica contemporanee". Quale è la posta in gioco? La posta in gioco è dare supremazia alla scienza eliminando tutti gli altri saperi dal novero delle conoscenze. Ora, la scienza, come le ho già scritto, nasce dalla filosofia (così come la medicina) ma, allo stesso tempo, è scorretto affermare che Parmenide abbia anticipato le scoperte della fisica subatomica! Parmenide segue il Logos, Logos che non coincide necessariamente con la scienza perché il pensiero razionale non è per forza scientifico e, inoltre, la scienza non può dare tutte le risposte di cui abbiamo bisogno.
Quindi, cosa emerge dai suoi scritti? Il logos viene depotenziato e fatto coincidere con la scienza. La ragione è solo quella scientifica e, pertanto, la filosofia merita di essere studiata se e soltanto se si vedono i primi filosofi come scienziati. Così facendo si ottengono due risultati:
1) Lo scienziato si auto convince di non avere un debito culturale per non avere studiato filosofia poiché, come detto, il Logos viene ricondotto alla scienza. Inoltre, egli rifiuta di studiare la filosofia dai classici perché, per definizione, i classici comprendono anche filosofi come Croce, Gentile (uomo straordinario per lo sviluppo culturale italiano) Hegel ecc. Ma questi autori, giustamente, ritengono che la filosofia sia la ricerca dell'intero, mentre la scienza, se giustamente interpretata come metodo, non darà mai l'intero ma solo risultati parziali, col paradosso che lo scienziato, pur ritenendosi aperto al contributo degli altri, rifiuta, negli altri settori, il contributo dei maestri e cancella i loro risultati "scientifici" per auto - imporsi come narrativa dominante;
2) Il punto 2 è la diretta conseguenza del punto 1: l'uomo scienziato non può accettare che la scienza sia solo metodo perché, per naturale inclinazione, ricerca l'intero. Ma l'intero non può ricercarlo col Logos perché, come detto, il Logos è in modo artificioso trasformato in scienza...e allora la scienza diventa "scientismo" ossia un sistema ideale che si sostituisce ai sistemi ideali come quelli di Platone, Hegel ecc che tanto sono criticati (con la differenza, però, che Platone sapeva bene che il Logos non era completamente accessibile dalla intelligenza umana e, pertanto, ricorreva, come fa con la storia di Er, anche al mito se necessario).
Il discorso andrebbe completato dai ragionamenti di Vattimo sul nichilismo di Nietzsche che sono diretta conseguenza di questa visione "scientista" ma non posso ora.
In base a quanto scritto, però, posso affermare che, se davvero si è interessati alla filosofia, bisogna studiarla partendo dai classici e, soprattutto, leggendo i filosofi. Se, invece, si vuole trasformare il Logos in scienza, nessun problema ma, a inizio di ogni capitolo, andrebbe messa la seguente dicitura: "Si avverte il lettore che si sta cercando di creare un sistema ideale in cui il Logos coincide perfettamente con la scienza, creando un genere fantasy di tipo filosofico". Credo che lei sia d'accordo con me sul fatto che, salvo cadere in un atto di hybris, non si può, con colpi di sciabola, riscrivere la storia della filosofia mettendo in bocca ad autori come Parmenide cose (la teoria M) che non solo non ha mai pensato, ma che addirittura falsano il suo pensiero perché servono, come spiegato, a dare supremazia alla tecnica.
Un saluto
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