martedì 24 giugno 2014

Il mio bisnonno scriveva problemi autodefiniti in versi

Solo dopo la lettura di Crisi d’identità di Marco Fulvio Barozzi ho scoperto che il mio bisnonno, a sua insaputa, scriveva problemi autodefiniti in versi. Lui si esprimeva in dialetto sabino e anche per i versi usava quel dialetto. Ecco quindi il suo problema autodefinito in versi sabini la cui soluzione mia madre mi svelò da bambino.

Tre città della Lombardia
Una Milano e una Pavia
Io t'o dico e tu non 'o sa'
Como se chiama vell'ara città1

In onore e ricordo del mio antenato ho provato a cimentarmi anch'io. Il risultato è ben lungi, in fatto di sintesi, bellezza ed eleganza, da quello quello del mio bisnonno. Ma tant'è.

Tre note della scala inglese
Una è F e una è D
D-F in esadecimale rese
Un nuovo numero che x6 sortì
Un'altra nota della scala inglese
Do a te la risposta così

Su invito di Popinga mando il tutto a identicrisi@gmail.com.


1 Traduzione dal sabino: "come si chiama quell'altra città"

lunedì 23 giugno 2014

Carnevale della matematica di luglio

Il 14 luglio la 75-esima edizione del Carnevale della matematica (nome in codice: “il merlo tra i cespugli, tra i cespugli”) sarà ospitata da me su questo blog. Il tema sarà "La matematica della musica o la musica della matematica" sottotema "C’è più matematica nella musica o più musica nella matematica?". E, come sempre, tutti i contributi fuori tema andranno benissimo lo stesso.

Lista dei Carnevali passati e futuri

martedì 10 giugno 2014

La matematica degli Hindu: Śulbasūtra, influenze greche e zero posizionale

Lunedì 19 maggio, mentre preparavo l'aula a Mumbai per il corso che avrei dovuto tenere nei giorni successivi, ho notato una cornice appesa alla parete. Dopo una rapida occhiata mi sono accorto che parlava del matematico Bhāskara I esaltandone le qualità di precursore in diversi ambiti della matematica, che solo diversi secoli dopo sarebbero stati ripresi dai matematici europei. Mi è subito venuto in mente che nella mia serie di storia della matematica ho citato la matematica degli Hindu molto marginalmente e solo per introdurre la Matematica islamica. Forse è arrivato il momento di colmare la lacuna, mi son detto. E quindi eccoci qua a fornire un po' più di dettagli su quella matematica e su Aryabhata, Brahmagupta e Bhāskara: i primi grandi matematici del periodo classico indiano. 
Secondo Kline1 non ci sono pervenute tracce dell'utilizzo della matematica in India antecedenti all'VIII sec. a.C. Il più antico documento che contiene qualche esempio primitivo di matematica degli Hindu sarebbero i ŚulbasūtraProdotti in un periodo che va dall'VIII sec. a.C. al II sec. d.C., i Śulbasūtra contengono principalmente le istruzioni e la geometria per la costruzione di altari. Nel corso di tali progettazioni gli Hindu vennero a conoscenza di alcuni fatti geometrici come, ad esempio, il teorema di Pitagora, che compare enunciato in questa forma:
"La diagonale di un rettangolo oblungo produce da sola entrambe le aree che i due lati dell'oblungo producono separatamente"
Ma, come già detto anche per le antiche civiltà, essi possedevano una conoscenza applicativa del teorema di Pitagora senza comprenderne appieno la portata teorica. Furono i pitagorici i primi che ne compresero la profondità e che lo dimostrarono.
Per quanto riguarda invece l'aritmetica si conosce ben poco del periodo dei Śulbasūtra. Ad ogni modo, sia la geometria sia l'aritmetica erano prive di dimostrazioni. Quello che si usava erano solo delle regole empiriche.

Intorno al III sec. a.C. cominciano a comparire i simboli numerici brahmanici. Da notare l'uso di simboli diversi per i numeri da 1 a 9 ma senza che lo zero sia incluso nel sistema.
Kline afferma anche che la matematica hindu sarebbe diventata significativa solo dopo essere stata influenzata dai risultati greci. Producendo quello che viene indicato come il secondo periodo della matematica hindu. Che va dal III al XIII sec. d.C. All'inizio di questo periodo, scrive Kline, la geometria alessandrina influenzò in maniera determinante gli hindu, ma essi avevano un dono speciale per l'aritmetica. Anche la loro algebra è possibile sia stata mutuata da Alessandria, e forse anche direttamente da Babilonia, ma anche qui gli hindu produssero molti risultati.
Per quanto riguarda invece la nascita dello zero posizionale, che determinò lo sviluppo del celeberrimo sistema numerico posizionale hindu in base 10, da cui deriva il nostro moderno sistema di numerazione, gli storici la collocano in un periodo che va dal I al IV sec. d.C. Come esempio si può citare il manoscritto di Bakhshali il cui linguaggio implica una stesura non successiva al IV sec. d.C. Sebbene la prima occorrenza che indiscutibilmente mostra il simbolo dello zero compaia in una iscrizione ritrovata nel tempio Chaturbhuja di Gwalior e datata 876 d.C. Altri storici ritengono che uno dei primi esempi di un uso posizionale dello zero lo si possa trovare nella traduzione in Sanscrito di un testo del V sec. d.C. di cosmologia Giainista il cui originale è andato perso: il Lokavibhaga.
Per concludere, l'ipotesi più probabile è che lo zero posizionale sia stato usato sporadicamente per un certo periodo iniziato tra il I al IV sec. d.C. E che a partire dal VII sec. d.C. il suo uso abbia prevalso e sia entrato nell'uso comune.
È abbastanza certo, invece, che intorno al 500 l'astronomo Aryabhata cominciò a usare la parola kha ("vuoto") a significare "zero" in una disposizione tabellare delle cifre. Ma di Aryabhata, insieme a Brahmagupta e Bhāskara, parleremo nella prossima puntata.


Puntate precedenti...

Indice della serie



1 Morris Kline, Storia del pensiero matematico - Einaudi