In Gabriele Lolli e il platonismo matematico abbiamo visto che le cosiderazioni di Lolli sulla visione che postula “l’esistenza di un mondo di oggetti ideali che contiene tutti gli oggetti e le funzioni della matematica”.
Nel terzo capitolo "Matematica on the move" del suo libro, Matematica in movimento. Come cambiano le dimostrazioni, Gabriele Lolli cerca di definire che cosa si intenda per “matematica” e riflette sulla visione che la vuole consolidata, stabile e cumulativa.
"Di solito si parla di “matematica” come corpo di conoscenze consolidate, stabili, cumulative mentre è un corpo di conoscenze che sono sempre in corso di definizione, che sono periodicamente riviste e per le quali si dà anche il fenomeno dell’obsolescenza. …
Con “la matematica” ci riferiamo al movimento complessivo generato dai loro cultori alla direzione delle loro ricerche e alle novità che queste hanno portato e portano, alle dichiarazioni programmatiche. Conveniamo che l’insieme di tali elementi definisca un'immagine, ma un'immagine che può essere in ogni epoca eventualmente diversa e tuttavia riconducibile sotto lo stesso nome, distinguendosi per i rapporti, che ci sono ed evolvono, con le immagini costituite in epoche precedenti e con quelli con altre discipline. …
Non è una media dei protagonisti, c’è sempre qualcuno o qualche gruppo che riesce a interpretare e esprimere meglio una direzione; anzi, che di fatto indica la direzione, di cui essi saranno le avanguardie. … Parafrasando un famosa frase di Ernst Gombrich (1909-2001) possiamo dire:
“Non esiste una cosa chiamata matematica, esistono i matematici”. E non pensano tutti nello stesso modo, ma di nuovo qui con “i matematici” ci si riferisce non a una media ma a coloro che sviluppano le tracce dei leader. ...
La matematica di Newton è diversa da quella di Euclide e Archimede, se non altro perché Newton aveva le derivate; quella di oggi è diversa da quella dei tempi di Newton, se non altro perché oggi ci sono la topologia e l’algebra astratta, ma è sempre riconoscibile come “matematica”.
Alla fine del Settecento Joseph-Louis Lagrange temeva addirittura che non ci fosse più nulla da fare in matematica. ...
Le pessimistiche previsioni di Lagrange sono smentite da due svolte: da una parte nuovi
fenomeni fisici attirano l’attenzione della filosofia naturale pur essendo impalpabili e sfuggenti,
come la trasmissione del calore per esempio, poi l’elettricità; la natura si rivela molto più varia e
ricca di manifestazioni prive della solidità della meccanica; coraggiosi matematici come Jean
Baptiste Joseph Fourier (1768-1830) sono stimolati ad assoggettarle alla conoscenza scientifica.
D’altra parte nella nuova matematica non si indaga più il mondo della natura, o non solo quello
ovviamente, ma il mondo della matematica; esso inizia a popolarsi di nuovi concetti, e sono questi
a essere l’oggetto di studio. Entra nel vocabolario la distinzione tra matematica pura e matematica applicata.
… per
Francis Bacon (1561-1626), e fino ancora episodicamente a fine Ottocento,
la matematica è o pura o mista; la matematica
pura contiene le scienze che trattano la quantità completamente separata dalla materia e dagli assiomi della filosofia naturale, e sono la geometria per la quantità continua, e l’aritmetica per la quantità separata (discreta); “[ l] a matematica
mista ha come
suo argomento alcuni assiomi e parti della filosofia naturale, e considera la quantità in quanto essa serve a spiegare, dimostrare e attivare quelle”.
Nell’
Ottocento, a parte per i nostalgici della vecchia terminologia in estinzione,
la matematica applicata è solo matematica, non include assiomi della filosofia naturale; nella
matematica pura non si studia “la quantità completamente separata dalla materia”, ma si prendono come oggetti separati i concetti stessi matematici.
Georg Cantor, nel 1883, dichiara:
"In ragione di questa straordinaria posizione che distingue la matematica da tutte le altre scienze, e che fornisce una spiegazione per il modo relativamente leggero e privo di vincoli di svilupparla, essa merita in modo speciale il nome di matematica libera, una descrizione che, se ne avessi il potere, io preferirei a quella ora usuale di “matematica pura”.
La “posizione straordinaria” consiste nel fatto che secondo Cantor la matematica è una conoscenza intrasoggettiva, o conoscenza di una realtà intrasoggettiva o immanente a differenza di quella transsoggetiva o transiente;
la prima è composta di idee che prendono un posto coerente attraverso definizioni nel nostro pensiero, la seconda è rappresentazione di cose che occorrono effettivamente nella realtà corporea e spirituale; il primo tipo corrisponde secondo Cantor alle idee che Spinoza chiamava “adeguate”.
In termini più semplici, e senza scomodare i grandi filosofi,
il senso dell’appellativo “libera” sembra essere che basta che i matematici si capiscano e siano d’accordo intra loro su quello che studiano, senza bisogno di fare appello al mondo reale per confermare la plausibilità di quello che dicono – una dichiarazione molto coraggiosa e dirompente, che tuttavia al tempo di Cantor sintetizzava una serie di tendenze che percorrevano l’Ottocento."