Tutti abbiamo sentito parlare del teorema di Pitagora e tutti sappiamo che Pitagora fu un grande filosofo e un grande matematico, ma molto raramente si sente parlare della sua vita privata.
Aveva una famiglia? Era sposato? Aveva dei figli?
Giamblico,
Porfirio e
Diogene Laerzio forniscono varie versioni della composizione famigliare del grande samio con diverse mogli e diversi numeri e nomi di figli.
Ma noi, grazie al nostro ormai celebre φιχιfonino oltretombale di Mηλον, l’adePhone 5, siamo venuti a conoscenza della vera composizione della famiglia pitagorica. È stato Crono stesso, signore dei Campi Elisi, in uno dei suoi rarissimi momenti buoni, a rivelarci che il maestro sposò una donna di stirpe cretese: la bella Teano figlia di Pitonatte. Pitagora e Teano ebbero tre figli: una figlia di nome Muia che guidò il coro femminile crotonese; e due figli di nome Mnesarco e Arignota. Sia Teano che sua figlia Muia divennero importanti membri della scuola e furono anche citate nell'elenco di
Aristosseno delle diciassette “illustrissime donne pitagoriche”. Il buon umore di Crono era a livelli talmente alti che il signore dei Campi Elisi è arrivato a fornirci un frammento del libro del giovane Fulivao.
Pitagora stesso ci ha già parlato di questo libro che il giovane pitagorico scrisse basandosi sulle memorie che il maestro gli narrò pochi giorni prima della sua dipartita verso i Campi Elisi. Sappiamo che l'unica copia del libro bruciò nel primo rogo della biblioteca di Alessandria, ai tempi di Giulio Cesare. Il frammento che Crono ci ha fornito è quello che riguarda una giornata speciale nella vita di Muia, la figlia di Pitagora e di Teano. Eccola ....
Eratocle si era conquistato la prima fila e dall'inizio alla fine della cerimonia i suoi occhi erano rimasti puntati su di lei.
A quindici anni il suo corpo era già quello di una donna. Un'incantevole giovane donna. Somigliava a sua madre ma la sua bellezza era più prorompente. I lunghi e folti capelli corvini le scendevano fino ai larghi fianchi. A volte qualche ciocca di quei lucidi fili di seta andava ad intrecciarsi con le sue lunghe ciglia: splendide cornici di grandi occhi neri come una notte di tempesta. Le ciocche più ribelli arrivavano talvolta a sfiorarle il generoso seno. Le labbra rosse e carnose si stagliavano sulla pelle nivea e profumata come un papavero in un campo di gigli. Ogni parte del suo corpo era in armonia con tutto il resto. Persino quella lieve peluria sul labbro superiore.
Per la cerimonia che le avrebbe assegnato il titolo di matematica, Muia aveva voluto indossare il peplo turchese, quello che esaltava al meglio i suoi colori e le sue forme giunoniche. Due belle spille d'argento a doppia spirale fermavano l'abito sulle spalle e una cintura color zafferano, visibile solo sul lato aperto, lo fissava alla vita producendo eleganti drappeggi. Ad adornare le orecchie della ragazza due piccoli dischi d'oro cesellati con motivi floreali erano fissati ai perni che trafiggevano i suoi lobi e da ognuno dei due dischi pendeva un delicato cono, anch'esso d'oro, con superficie modellata a spiraloide. Sandali nuovi di pelle nera fasciavano i suoi graziosissimi piedi. Eratocle avrebbe saputo descrivere ogni minuscola porzione di quelle splendide candide dita.
A presiedere la cerimonia c'era Ippaso. Pitagora aveva preferito farsi sostituire visto che tra i divenendi matematici c'era anche sua figlia.
- Scordatela! - Il commento sussurrato da quella voce, che riusciva a mantenere una profonda sonorità anche se mormorata, lo fece trasalire. Eratocle, torvo in viso, si voltò. Dietro di lui vide l'enorme figura di Milone che lo sovrastava.
- Non vedi come guarda Ippaso? - continuò Milone.
- Di chi stai parlando!?
- Come di chi sto parlando? Di Muia. Non è lei che hai continuato a fissare per tutto il tempo?
- Ti sbagli! - Ora anche il bisbiglio di Eratocle andava facendosi più sonoro. - E poi è ovvio che Muia guardi Ippaso. Visto che lui sta per nominarla matematica.
- Si vede che con le donne hai poca esperienza, Eratocle.
Troppo presi dal loro bisticcio, Milone ed Eratocle non si erano accorti che Ippaso aveva smesso di parlare e li stava fissando.
- Eratocle e Milone! Avete qualcosa d'importante da discutere? Qualcosa d'interessare da condividere con noi? - ed allargò teatralmente le braccia ad indicare il vasto pubblico.
- Nulla d'importante Ippaso - tagliò corto Milone.
- Bene, allora possiamo continuare - disse Ippaso mentre il rimbombo della voce di Milone andava spegnendosi.