Nella puntata precedente abbiamo visto come i matematici islamici introdussero nuova metodologia algebrica che reincorporava, almeno da un punto di vista pratico, l'idea pitagorica (Tutto è Numero) ed unificava numeri razionali, numeri irrazionali, e grandezze geometriche trattando tutte queste entità in gioco come "oggetti algebrici".
Dicevamo inoltre che un altro matematico islamico illustre, il cui contributo allo sviluppo della Matematica è forse paragonabile a quello di al-Khwārizmī è Omar Khayyám (Nīshāpūr 1048 – 1131 d.C.).
Omar Khayyám scrisse un libro sull'Algebra che estendeva i risultati dell'Al-Jabr di al-Khwārizmī includendo le equazioni di terzo grado. Per tali equazioni però Omar Khayyám fornì solamente soluzioni basate su metodi geometrici (intersezioni di coniche) credendo erroneamente che fosse impossibile trovare soluzioni basate su metodi aritmetici.
Soluzioni basate su metodi aritmetici vennero trovate quasi mezzo millennio dopo dal matematico italiano Scipione Dal Ferro. Anche se Niccolò Tartaglia, e Girolamo Cardano inscenarono un'accesa, patetica e gretta controversia per accaparrarsi la paternità dei metodi risolutivi.
Omar Khayyám fu anche un grande precursore dei tempi in campo geometrico. Un altro suo grande risultato consistette infatti nel primo tentativo di formualzione di un postulato non-Euclideo come alternativa al quinto postulato Euclideo sulle parallele. Questione che venne definitivamente risolta in Europa solo nel XIX sec. prevalentemente ad opera di Gauss e Riemann.
In qualche modo quindi Omar Khayyám, anche se un po' inconsapevolmente, fu il primo a considerare le Geometrie non-Euclidee. In particolare la Geometria ellittica e quella iperbolica, anche se Khayyám escluse la seconda.
Tra le altre curiosità della matematica islamica che andrebbero citate c'è sicuramente l'origine dell'uso del simbolo x come variabile incognita.
Parrebbe che questo uso si possa far risalire all'uso della parola araba “šay'” (شيء ), che significa “cosa”, nei testi di Algebra islamici (anche in Al-Jabr) a significare appunto "variabile incognita".
Tale parola entrò quindi nelle traduzioni in Spagnolo con la pronuncia “šei”, che veniva translitterata in “xei” e che presto venne abbreviata con una “x”.
Un altro primato che va anche citato è quello dell'uso per la prima volta della dimostrazione per induzione.
La prima occorrenza nota di tale metodo si trova nell'opera al-Fakhri, scritta intorno all'anno 1000 da Al-Karaji. Il metodo viene usato per dimostrare sequenze aritmetiche com il triangolo di Tartaglia.
Dalla prossima puntata abbandoneremo i matematici islamici per spostarci di nuovo verso l'Europa cristiana.
Indice della serie
mercoledì 29 luglio 2009
giovedì 9 luglio 2009
Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 13: i matematici islamici, l'Algebra e il ritorno di Pitagora
Nella puntata precedente abbiamo visto che il lavoro di al-Khwārizmī sulle equazioni algebriche portò alla nascita di un'opera che sarebbe divenuta un punto di riferimento per lo sviluppo dell'algebra moderna.
Stando a quello che J. J. O'Conner e E. F. Robertson scrivono nel MacTutor History of Mathematics archive, forse uno dei progressi più significativi dei matematici islamici fu proprio l'introduzione e lo sviluppo di una loro metodologia algebrica. Questo nuovo approccio algebrico rappresentava un nuovo rivoluzionario spostamento dalla concezione greco-platonica della Matematica, che era essenzialmente geometrica. La nuova metodologia algebrica reincorporava, almeno da un punto di vista pratico, l'idea pitagorica (Tutto è Numero) ed unificava numeri razionali, numeri irrazionali, e grandezze geometriche trattando tutte queste entità in gioco come "oggetti algebrici". Si potrebbe quindi a posteriori attribuire ai matematici islamici (un po' arbitrariamente) il motto ottenuto da una parafrasi di quello pitagorico: Tutto è Algebra.
I matematici islamici furono quindi i primi a trattare nella pratica i numeri irrazionali come oggetti algebrici. Anche se una vera giustificazione teorica rigorosa di tale prassi la troverà Dedekind diversi secoli dopo.
Ma come riuscirono a mettere in pratica ciò che non era riuscito ai pitagorici ? Beh, da un punto di vista puramente tecnico-sintattico non fecero nulla di eccezionale: accettarono semplicemente l'idea che anche le grandezze irrazionali, come la misura della diagonale del quadrato, potessero essere trattate alla stregua degli altri Numeri. Estesero quindi le operazioni aritmetiche alle grandezze irrazionali e si accorsero che le cose funzionavano. Visto a posteriori non sembra nulla di eccezionale; ma nella realtà tale idea impresse un fortissimo impulso al progresso della Matematica: il solito Uovo di Colombo.
A questo punto non posso esimermi dal compiere un enorme balzo in avanti nel tempo e citare John von Neumann, matematico del '900, tanto grande quanto moralmente discutibile:
"Young man, in mathematics you don't understand things. You just get used to them." (*)
"Ragazzo, nella Matematica le cose non si capiscono. Semplicemente ci si abitua ad esse."
Frase pronunciata in risposta ad un suo studente che chiedeva spiegazioni.
Quindi i matematici islamici semplicemente si "abituarono" a considerare e a trattare le grandezze irrazionali allo stesso modo dei numeri razionali.
La nuova metodologia algebrica risolveva quindi quella che era stata la causa del crollo del modello pitagorico. Voi mi direte, ma anche l'approccio platonico-euclideo risolveva la lacuna pitagorica. Sì, ma quello implicava un'interpretazione dei concetti numerici in un modello puramente geometrico. Il modello degli Islamici era invece puramente numerico.
Oltre ad al-Khwārizmī altri due nomi che vanno necessariamente citati per i loro contributi al nuovo approccio algebrico sono quelli di Abū Kāmil (850 d.C. – 930) e al-Karkhi (953 d.C. Karaj – 1029)
In particolare di Abū Kāmil (Shujā ibn Aslam), matematico egiziano, si può dire che sia stato il primo ad accettare i numeri irrazionali (spesso nella forma di radice quadrata, cubica o quarta) come soluzioni di equazioni quadratiche e come coefficienti di equazioni.
Un altro matematico islamico illustre, il cui contributo allo sviluppo della Matematica è forse paragonabile a quello di al-Khwārizmī è Omar Khayyám.
Ma questo lo vedremo nella prossima puntata.
Indice della serie
Stando a quello che J. J. O'Conner e E. F. Robertson scrivono nel MacTutor History of Mathematics archive, forse uno dei progressi più significativi dei matematici islamici fu proprio l'introduzione e lo sviluppo di una loro metodologia algebrica. Questo nuovo approccio algebrico rappresentava un nuovo rivoluzionario spostamento dalla concezione greco-platonica della Matematica, che era essenzialmente geometrica. La nuova metodologia algebrica reincorporava, almeno da un punto di vista pratico, l'idea pitagorica (Tutto è Numero) ed unificava numeri razionali, numeri irrazionali, e grandezze geometriche trattando tutte queste entità in gioco come "oggetti algebrici". Si potrebbe quindi a posteriori attribuire ai matematici islamici (un po' arbitrariamente) il motto ottenuto da una parafrasi di quello pitagorico: Tutto è Algebra.
I matematici islamici furono quindi i primi a trattare nella pratica i numeri irrazionali come oggetti algebrici. Anche se una vera giustificazione teorica rigorosa di tale prassi la troverà Dedekind diversi secoli dopo.
Ma come riuscirono a mettere in pratica ciò che non era riuscito ai pitagorici ? Beh, da un punto di vista puramente tecnico-sintattico non fecero nulla di eccezionale: accettarono semplicemente l'idea che anche le grandezze irrazionali, come la misura della diagonale del quadrato, potessero essere trattate alla stregua degli altri Numeri. Estesero quindi le operazioni aritmetiche alle grandezze irrazionali e si accorsero che le cose funzionavano. Visto a posteriori non sembra nulla di eccezionale; ma nella realtà tale idea impresse un fortissimo impulso al progresso della Matematica: il solito Uovo di Colombo.
A questo punto non posso esimermi dal compiere un enorme balzo in avanti nel tempo e citare John von Neumann, matematico del '900, tanto grande quanto moralmente discutibile:
"Young man, in mathematics you don't understand things. You just get used to them." (*)
"Ragazzo, nella Matematica le cose non si capiscono. Semplicemente ci si abitua ad esse."
Frase pronunciata in risposta ad un suo studente che chiedeva spiegazioni.
Quindi i matematici islamici semplicemente si "abituarono" a considerare e a trattare le grandezze irrazionali allo stesso modo dei numeri razionali.
La nuova metodologia algebrica risolveva quindi quella che era stata la causa del crollo del modello pitagorico. Voi mi direte, ma anche l'approccio platonico-euclideo risolveva la lacuna pitagorica. Sì, ma quello implicava un'interpretazione dei concetti numerici in un modello puramente geometrico. Il modello degli Islamici era invece puramente numerico.
Oltre ad al-Khwārizmī altri due nomi che vanno necessariamente citati per i loro contributi al nuovo approccio algebrico sono quelli di Abū Kāmil (850 d.C. – 930) e al-Karkhi (953 d.C. Karaj – 1029)
In particolare di Abū Kāmil (Shujā ibn Aslam), matematico egiziano, si può dire che sia stato il primo ad accettare i numeri irrazionali (spesso nella forma di radice quadrata, cubica o quarta) come soluzioni di equazioni quadratiche e come coefficienti di equazioni.
Un altro matematico islamico illustre, il cui contributo allo sviluppo della Matematica è forse paragonabile a quello di al-Khwārizmī è Omar Khayyám.
Ma questo lo vedremo nella prossima puntata.
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